domenica 26 aprile 2009

Bouvard e Pécuchet, o dell’idiozia del mondo



L'8 maggio 1880 Gustave Flaubert moriva improvvisamente senza aver potuto terminare Bouvard et Pécuchet, l'opera dal piano temerario e terribile cui lavorava ormai da molti anni. Sul tavolo di lavoro lasciava una pagina incompiuta e sparsi per la stanza i ritagli e le note per la seconda parte dell’opera. Lo scrittore francese, oltre a collezionare le opinioni degli uomini del suo tempo così come esse si potevano ascoltare nei salotti o nei foyer dei teatri, aveva raccolto dai libri più disparati una quantità impressionante di perle della bêtise bourgeoise: lo sciocchezzaio. Per questa impresa aveva fino ad allora letto più di 1500 volumi, oltre che articoli di giornali e riviste.

Il materiale trovato nella stanza di Flaubert si trova ora nella biblioteca municipale di Rouen in un voluminoso dossier intitolato «Raccolta di documenti vari raccolti da Flaubert per la preparazione del Bouvard e Pécuchet». Si tratta di otto tomi rilegati di circa 300 fogli ciascuno: ritagli di stampa, schede di lettura e note di diverse, tutte di sua mano. Quel che egli stava raccogliendo per poi dare alle stampe sotto forma di farsa erano le evidenze della stupidità umana in generale, così come essa si manifestava nella contemporaneità, e per la quale egli provava il più profondo disgusto, quasi temesse di venirne contagiato. In opere diverse, ma tutte aspiranti a fondare discipline o campi del sapere sia teorico che pratico (storia, scienze, filosofia, religione, morale, politica, estetica, ecc.), come anche in testi letterari, di autori sia grandi che mediocri, Flaubert si era accanito a trovare e ad isolare i segni del luogo comune, della stupidità, animato (com'egli dichiarava) da spirito di vendetta. Lo scrittore aveva infatti scritto nel 1863: «Il y a quelqu'un de plus bête qu'un idiot, c'est tout le monde».

Nel dossier confluiscono i pregiudizi sociali, religiosi e politici, i fanatismi, le contraddizioni, la mancanza di rigore scientifico, i residui di spiritualismo nelle più diverse discipline e tecnologie, la superficialità delle opinioni. Una parte di ciò era già stato elaborato, in altra forma, nella prima parte del Bouvard et Pécuchet, in cui Flaubert, consapevole dell'enormità e della novità del suo impianto, che non sapeva come definire, avrebbe voluto «si vedesse un romanzo filosofico». Questa prima parte fu pubblicata già nel 1881, l’anno successivo alla morte dello scrittore.

Vi si raccontano le disavventure cui vanno incontro i due bonshommes Bouvard e Pécuchet, due copisti che il caso e la similitudine hanno portato all’amicizia, in seguito all'eredità ricevuta dal primo. Dopo una fallimentare esperienza come proprietari terrieri, affascinati dalle virtù del sapere, entusiasti e illusi rappresentanti del secolo del positivismo, si lanciano a capofitto nel mondo dei libri. Dalla chimica allo spiritismo, dalla filosofia alla religione, dall'agricoltura al magnetismo, dall'archeologia alla pedagogia, non esiste branca dello scibile umano che si sottragga alla loro frenesia indagatrice.

Nel loro ritiro campestre di Chavignolles i due si dedicano con entusiasmo da neofiti allo studio e alla pratica delle più disparate discipline e tecniche. L'ambizione faustiana, la passione per ogni nuova branca dello scibile umano è in loro animata dalla speranza di attingere a verità assolute che guidino il comportamento e mettano ordine nel caos. Ma la loro fiducia nell'autorità dei testi è sistematicamente sottoposta alla critica inflessibile del principio di non-contraddizione, che li espone a una delusione dopo l'altra. Così i due affrontano il tema della storia della Terra:

«(…) All'inizio un'immensa distesa d'acqua, da cui emergevano promontori macchiati dai licheni; e non un essere vivente, non un grido; era un mondo silenzioso, immobile e nudo. Poi alte piante si dondolavano in una nebbiolina che assomigliava al vapore di una stanza da bagno. Un sole rosso intenso surriscaldava l'aria umida. Allora i vulcani incominciarono ad eruttare, rocce infuocate zampillavano dalle montagne; e il magma di porfido e basalto che colava si solidificò. Terzo quadro: sono sorte isole di madrepore dentro mari poco profondi; qua e là sormontate da boschetti di palme. Ci sono conchiglie simili a ruote di carro, tartarughe di tre metri, lucertole di sessanta piedi.

Dalle canne si allunga il collo di anfibi che hanno il collo dello struzzo e la mascella del coccodrillo. Serpenti con le ali si alzano in volo. Infine, sui grandi continenti apparvero dei grandi mammiferi, le membra deformi come pezzi di legno mal squadrati, il cuoio più spesso di lastre di bronzo, ma ce n'erano anche di pelosi, labbruti, con criniere e zanne rivoltate. Branchi di mammut brucano le pianure dove poi ci sarà l'Atlantico; il paleoterio, mezzo cavallo e mezzo tapiro, metteva sottosopra con il grugno i formicai di Montmartre, e il cervus giganteus tremava sotto i castagni sentendo la voce dell'orso delle caverne, che fa guaire nella sua tana il cane di Beaugency, alto tre volte un lupo. I cataclismi separavano un'era dall'altra, l'ultimo fu il nostro diluvio. Era come uno spettacolo in più atti, di cui l'uomo costituiva l'apoteosi.

(…) Bouvard e Pécuchet presero la diligenza di Falaise per Caen. Quindi una carrozzella li portò da Caen a Bayeux; e da Bayeux andarono a piedi fino a Port-en-Bessin. Non li avevano ingannati. La costa delle Hachettes offriva sassi bizzarri, e su indicazione dell'albergatore raggiunsero la spiaggia.

(…) Quindi s'imbatterono in spugne, terebratule, orche, ma del coccodrillo neppure l'ombra! In mancanza di meglio, sperarono almeno in una vertebra d'ippopotamo o d'ittiosauro, un osso qualunque dell'era del Diluvio; quando scorsero contro la scogliera, ad altezza d'uomo, il rilievo di un pesce gigantesco. Discussero sui mezzi per prenderlo. Bouvard lo avrebbe staccato dall'alto, mentre Pécuchet, in basso, avrebbe demolito la roccia per farlo scendere adagio, senza rovinarlo.

Quando si furono ripresi, videro nella campagna, sopra le loro teste, un doganiere con il mantello, che faceva gesti imperiosi. "Ma non seccarci!", e continuarono il loro lavoro (…).

Ma il doganiere riapparve, in un valloncello più in basso, e si sbracciava dando ordini: lo presero in giro! Ormai il corpo ovale prendeva rilievo sotto l'esile coltre di terra, spenzolava, stava per sgusciar fuori. All'improvviso comparve un altro individuo, con la sciabola. "I passaporti!". Era la guardia campestre in perlustrazione; e nello stesso istante era arrivato giù per una forra il doganiere. "Li fermi, papà Morin! O la scogliera crollerà!". "Si tratta di uno scopo scientifico", rispose Pécuchet. In quell'istante franò un mucchio di terra, sfiorandoli tutti e quattro così da vicino, che ancora un poco e sarebbero morti.

(…) "È vietata qualsiasi cosa nei terreni amministrati dal Genio!", replicò la guardia campestre. "Prima di tutto, chi siete? Devo farvi verbale!". Pécuchet si oppose, gridando all'ingiustizia. "Non discutete, seguitemi!".

Da quando arrivarono al porto, un gruppo di ragazzini si mise alle calcagna. Bouvard, rosso come un papavero, cercava di darsi un contegno. Pécuchet, pallidissimo, lanciava occhiate furibonde; certo i due sconosciuti, con i fazzoletti pieni di sassi, non avevano un bell'aspetto. Per il momento li portarono all'albergo, il cui proprietario, fermo sulla soglia, sbarrava l'entrata. Poi venne il muratore a riprendersi gli attrezzi; dovettero pagare; spese, ancora spese! Ma perché la guardia campestre non tornava? Finalmente arrivò a liberarli un tale con la croce d'onore; e dopo aver dato i loro nomi, cognomi e indirizzo, se ne andarono, con l'impegno di essere più prudenti in futuro».

(Da Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet, Garzanti, Milano 2004, traduzione di B. Nacci).

In effetti, la pluralità delle opinioni che dialogano in questo testo, insieme ai ripetuti tentativi dei due idiots savants di verificare le teorie alla luce di una prassi (se pure cieca), evidenziano l'impossibilità di riunire le varie conoscenze, ipotesi, interpretazioni e pratiche in un sapere unico. Un pessimismo della conoscenza smonta e rende nullo l'accumulo di nozioni e opinioni. Nel confronto che si instaura tra i testi portatori di teorie diverse, spesso opposte o comunque contrastanti, emerge come la contraddizione stia a fondamento dei fatti e del pensiero umano. Essa, nell'esperienza dei due amici, allontana dalla verità, lascia insoluti gli enigmi, anzi ne crea di nuovi; la realtà con cui i due fulgidi imbecilli, tragici e sinistri nella loro idiozia, tentano costantemente un aggancio sulla spinta del desiderio, rimane fuori, sfugge al linguaggio, alla scrittura, è un mistero che incanta, o «un'illusione, un brutto sogno», «il niente», per cui non valgono consolazioni. Alla fine, sopraffatti dal compito immane e dalla loro stessa incapacità, decidono di tornare a copiare.

La decisione finale dei due, i quali nel frattempo, essendosi inimicati tutto il villaggio con le loro stravaganze e polemiche, vivono nell'isolamento riservato dalla società ai folli, sarà quella di trascrivere passaggi della scrittura altrui, dapprima «tutto quello che gli capitava sotto mano», poi facendo una «classificazione», scegliendo sia «esemplari» dei vari stili che «perle» con cui redigere una «storia universale», un «monumento» da cui risulti l'uguaglianza di tutto, del bene e del male, del Bello e del brutto, di ciò che è insignificante e di ciò che è caratteristico. Nella finzione letteraria essi si sobbarcano lo stesso lavoro, abbastanza incomprensibile per via della sua qualità maniacale e pedantesca, svolto negli anni dallo scrittore.

Questo è infatti uno dei libri più personali e profondi che Flaubert abbia scritto. Nella constatazione che un'immensa, incrollabile stupidità, un'armatura di luoghi comuni, di frasi fatte, di credenze e ideologie accettate, coprisse la sostanziale nullità del mondo, egli vedeva una sola speranza: riuscire a tenere insieme il mondo dei fatti costruendo con il rigore estremo della scrittura, una rete sospesa sul nulla del significato. Ma Bouvard e Pécuchet però sfuggono di mano al loro creatore. Prendono sul serio non solo i luoghi comuni, ma le scienze, la filosofia, la religione, la politica, le tecniche. Si applicano a esse con accanito furore, e le spingono fino alla loro verità ultima: alla loro incapacità di dare risposta al mistero del mondo. E quando, alla fine, ritornano all’atto puramente meccanico della copiatura, rivelano anche l'illusione di Flaubert di tenere insieme il mondo con la scrittura. Essa non può opporsi al vuoto della bêtise, è ridotta al puro gesto fisico dello scrivere.

Dall’archivio di Rouen sono emersi alcuni frammenti indipendenti abbastanza rifiniti da permettere la pubblicazione, autonoma o come appendice del Bouvard e Pécuchet. Il più noto è il Dizionario dei luoghi comuni, organizzato nella forma di maliziosi “consigli” di comportamento, che costituiscono una sorta di ironico galateo borghese. Sotto ne riporto un florilegio. Ancor più che nel testo compiuto, da questa divertente e mostruosa raccolta emerge lo spirito sarcastico di Flaubert. E, soprattutto, viene il dubbio, già espresso da Borges, che i due copisti sono fuori del tempo: essi sono ancora lì, chini sulla scrivania, intenti a copiare. Il loro lavoro è infinito e sempre incompleto.

ACHILLE: Aggiungere “dal pié veloce”; ciò lascia credere che abbiamo letto Omero.
AGENTI DI BORSA: Tutti ladri.
ALABASTRO: Serve per descrivere le parti piú belle del corpo femminile.
ALBIONE: Sempre preceduto da bianca, perfida, positiva. C'è mancato poco che Napoleone la conquistasse. Farne l'elogio: “la libera Inghilterra”.
AMBIZIONE: Viene sempre preceduta da "folle", escluso il caso in cui venga preceduta da "nobile".
ARCHITETTI: Tutti imbecilli. Fanno le case e dimenticano inevitabilmente le scale.
ASSASSINO: Sempre vigliacco, anche quando è intrepido e audace. Meno colpevole d’un sedizioso.
ATEO: un popolo di atei non potrebbe sopravvivere.
BAMBINI: Fingere una lirica tenerezza nei loro riguardi, quando c’è gente.
BANDIERA (nazionale): La sua vista fa battere il cuore .
BIONDE: Piú calde delle brune.
BRUNE: Piú calde delle bionde.
CALVIZIE: Sempre precoce, è provocata dagli eccessi di gioventù o dalla concezione di grandi idee.
CARINO: Si usa per tutto ciò che è bello. “È tanto carino” è il massimo dell’ammirazione.
CASTAGNA: Femmina del marrone.
CENSURA: Utile, per quanto se ne dica.
COITO, COPULA: Da evitare. Dire: “Avevano rapporti...”
CONCORRENZA: L’anima del commercio.
CONCUPISCENZA: Vocabolo pretesco per designare i desideri carnali.
CONTEGNO: Sempre preceduto da rigido.
CORTIGIANA: È un male necessario. Sono la salvezza delle nostre figlie e sorelle finchè ci saranno degli scapoli. Dovrebbero essere implacabilmente cacciate. Non si può andare a spasso con la propria moglie a causa della loro presenza sui viali. Sono sempre figlie del popolo traviate da ricchi borghesi.
CROCEFISSO. Fa bella figura nell'alcova e sulla ghigliottina.
DANARO: Causa di tutti i mali. Dire “Auri sacra fames”. Il dio del giorno (da non confondere con Apollo). I ministri lo chiamano indennità, i notai emolumento, i medici onorario, gli impiegati stipendio, gli operai salario, i domestici paga. Il danaro non fa la felicità.
DESERTO: Immagine dell’infinito. Produce datteri.
DIDEROT: Sempre seguito da d’Alembert.
DOCUMENTO: I documenti sono sempre della massima importanza. Non ci sono cospiratori arrestati che non portino con sé documenti altamente compromettenti.
EGOISMO: Lamentarsi di quello altrui e non vedere il proprio.
EREZIONE: Non parlarne se non a proposito dei monumenti.
FAMIGLIA: Parlarne sempre con rispetto.
FETO: Qualsiasi pezzo anatomico conservato sotto spirito.
FILOSOFIA: Sogghignarne sempre.
FOSSILE: Dimostrazione del diluvio.
GATTO: Il gatto è traditore. Chiamarlo tigre da salotto.
GENDARMERIA: Dire “forza pubblica” o “l’arma”.
GENTILUOMO: Non ce n’è più.
GIORNALI: Non poterne fare a meno ma inveire contro.
GOTICO: Stile architettonico che spinge più degli altri alla religione.
GULF-STREAM: Famosa città della Norvegia da poco riscoperta.
IMBECILLE: Chiunque la pensa diversamente da noi.
INFANTICIDIO: Viene commesso soltanto tra il popolino.
INFINITESIMALE: Non si sa che cosa sia, ma ha a che fare con l’omeopatia
INNOVAZIONE : Sempre pericolosa
ISPIRAZIONE poetica. Cose che la provocano: la vista del mare, l’amore, la donna ecc.
ITALIANI: Tutti musicisti, tutti traditori.
LETTERATURA: Occupazione degli oziosi.
LIBERTA’: O libertà, quanti delitti si compiono in tuo nome! Noi abbiamo tutte le libertà che ci sono necessarie. Libertà non significa licenza (frase da conservatore).
MARE. Non ha fondo. Immagine dell'infinito. Fa venire grandi pensieri. In riva al mare bisogna sempre avere un cannocchiale. Quando lo si guarda, dire sempre: «Quanta acqua!».
MATERASSO. Più è duro, più è igienico.
MUSCOLI: I muscoli degli uomini forti sono sempre d’acciaio.
NAPOLI: Vedi Napoli e poi muori. Se parlate con persone colte, dite Partenope.
NATURA: Che bello la natura. Da dire ogni volta che si è in campagna.
NEGRE: Piú calde delle bianche.
OPERAIO: Sempre onesto, quando non fa sommosse.
ORGANO: Eleva l’anima a Dio
PASSEGGIATA: Fare sempre una passeggiata dopo pranzo: favorisce la digestione.
PROGRESSO: Sempre malinteso e troppo frettoloso.
PROPRIETÀ: Una delle basi della società. Più sacra della religione.
RANA: La femmina del rospo.
ROSSE: Vedi bionde, brune e negre.
SOSPIRO: Accanto a una donna sospirare sempre.
STALLONE: Sempre vigoroso. Una donna deve ignorare la differenza tra uno stallone e un cavallo.
STRUZZO: Digerisce i sassi.
SUICIDIO: Prova di viltà
TORO: Padre del vitello; il bue è soltanto lo zio.
UNIVERSITA: Alma Mater.
VANGELI; Libro divino, sublime, ecc.
VINI: Argomento di conversazione tra uomini. Il migliore è quello di Bordeaux, perché lo prescrivono i dottori. Più è cattivo, più è naturale.
ZANZARA: Più pericolosa di qualsiasi bestia feroce.

4 commenti:

  1. Ciao, arrivo qui perchè ho letto i commenti che hai lasciato ne l'accalappiacani. Mi è piaciuto molto lo scambio con Mirella. E ancora di più mi piace il tuo blog. Tornerò (non è una minaccia...)
    Felice notte.

    Milvia

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  2. Che dire? Grazie. Aspetto altri tuoi commenti, anche quando hai delle critiche. Ciao.

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  3. flaubert è la più lucida intelligenza della letteratura francese;a me sembra presentare grandi affinità con leopardi

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  4. Roberto Vittorio Di Pietro, alias Momo Sabazio01/06/11, 14:59

    Complimenti: le osservazioni su Flaubert e il suo magnifico "Bouvard et Pécuchet" sono talmente acute da dover essere attentamente ponderate da chiunque, in linea con le odierne tendenze, continui purtroppo a credere che il "sapere enciclopedico/nozionistico" come tale faccia vera cultura, utile per la vita. Firmato Momo Sabazio:autore di un "romanzaccio" sovversivo intitolato "ISTA!PISTA!SISTA!"

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