martedì 30 marzo 2010

Compianto sul feretro dell’intelligenza italiana


Un bel limerick di anonimo americano come commento alle recenti elezioni amministrative.

A funeral limerick

Here we are for your final farewell
For your journey to Heaven or Hell
But we won’t keep you long
Just a prayer and a song
‘Cos we think you’re beginning to smell.

Non lo traduco apposta, così i leghisti devono farselo spiegare.


sabato 27 marzo 2010

Complementi ai fondamenti


L’ava ribelle
Un trinomio parla di una bisavola
che non voleva far la parabola:
“Si dice nel parentado
che era di terzo grado:
fu abbassata a colpi di sciabola”.

Vanità punita
Un sistema di coordinate di Desio
aveva un quadrante molto vanesio:
“Io di pecche sono privo,
sono il primo, sempre positivo!”
Lo ruotò di π proprio Cartesio.


La lamentela
Un coseno dei dintorni di Modica
era stanco di far la curva periodica:
“Che tedio, che digiuno
in un codominio tra –1 e 1!”
Fu solo una lamentela episodica.


Amici miei
A Meleti due cateti assai faceti
facevano grandi scherzi da preti:
persuasero un angolo ottuso
di valer 2π, che illuso!
Preso l’angolo in giro ridevano lieti.

Il genio degli algebristi
Non tutte le equazioni polinomiali
hanno soluzioni nei numeri reali.
Ne è priva, per davvero,
x2 + 1 = 0.
Cazzi amari? No, gli immaginari!


Immaginare gli immaginari
È il numero i come l’Araba Fenice:
che esso sia –1 sotto radice
ognun lo dice, bla bla bla,
ma cosa sia nessun lo sa.
E, se lo dice, si contraddice.


Un problema di topologia
Una parrucchiera pensosa di Zola Predosa
si pose una domanda che parrebbe oziosa:
“Come posso acconciare,
senza il pettine levare,
la chioma cespugliosa di una palla pelosa?”


Cambio di genere
Un gruppo heavy metal di Mirano
si esibiva disposto attorno al piano,
ma, per errore, il produttore
spense il commutatore:
diventarono allora un gruppo abeliano.


Altre mie poesiole matematiche le trovate qui.

giovedì 25 marzo 2010

Lo straripante Leporeo


Sappiamo che il Seicento fu epoca di esuberanze in ogni campo artistico. Tra i poeti, ai più viene in mente il nome del napoletano Giovanbattista Marino, a cui dobbiamo i versi che sono successivamente stati considerati come lo specchio di una mentalità se non un vero programma poetico:

E’ del poeta il fin la meraviglia,
parlo dell’eccellente e non del goffo,
chi non sa far stupir, vada alla striglia!

Nei versi di Marino e dei marinisti abbondano i virtuosismi verbali, le allitterazioni, le rime interne, le metafore impensate, al punto che i critici hanno espresso in molti casi giudizi fortemente negativi su una corrente letteraria per la quale la tecnica prevaleva sul messaggio, intenta a dir niente nel modo più complicato possibile, al punto da annoiare il lettore più che stupirlo. Eppure la loro è talvolta una poesia seducente, a tratti anticipatrice in qualche modo degli esperimenti delle numerose avanguardie dei secoli successivi o dei giochi dei ludolinguisti.

Tra i poeti che operarono in quel periodo bizzarro, un posto a parte merita indubbiamente, sia per fantasia sia per abilità tecnica, lo straripante Ludovico Leporeo (1582–1653 circa). Friulano del pordenonese, studiò giurisprudenza a Padova, vestì l’abito talare, e nel 1602 approdò come scrivano alla corte papale di Roma, città nella quale visse la maggior parte della vita (anche se con lunghi rientri nella terra natale). La sua prima opera edita, un panegirico per la canonizzazione di Carlo Borromeo è del 1611, cui fa seguito, per lunghi anni, solo produzione poetica celebrativa e d'occasione.

La musa della poesia, che scalpitava dentro il Leporeo, decise di premiarlo solo nel 1634, quando fu accolto con molto favore il Decadario Trimetro, raccolta di poesie di dieci versi contenenti ciascuno tre rime uguali, due interne e una finale, che si susseguono in ordine alfabetico: a e i o u. Questa «nuova et inaudita inventione di poesia volgare» colpì il pubblico per il vortice di rime, assonanze, allitterazioni, giochi di parole nei quali l’autore si dimostrò un vero maestro.

Nel 1639, uscì il Leporeambo Alfabetico Eroico, «una poesia alfabetica, mia nuova inventione, che dal mio cognome ho nomata LEPOREAMBO» ricalcando il nome su quello degli inni greci in onore di Dioniso (e che invece il Leporeo credeva essere il nome di un poeta). I leporeambi portano a compimento, elevandola a potenza, la scelta stilistica tracciata cinque anni prima: si tratta di poesie di forme diverse (molto spesso sonetti), piene di termini inusitati e bizzarri, parole sdrucciole e bisdrucciole, rime interne, assonanze, allitterazioni, un funambolico meccanismo al quale l’autore pensava di affidare la propria fama d'inventore di un nuovo modo di far poesia.

Seguirono negli anni altre raccolte di leporeambi, tra le quali bisogna senza dubbio segnalare i Leporeambi Alfabetici Musicali pubblicati nello stesso 1639, i Leporeambi nominali (1641) «alle Dame ed Academie italiane», 106 sonetti dedicati a donne dal nome sempre diverso e perciò detti nominali, e la Centuria di Leporeambi alfabetici, lirici, satirici, faceti; decasillabi, endecasillabi, duodecasillabi, tredecasillabi; unìsoni, trìsoni, quadrìsoni, cinquìsoni, sestìsoni, settìsoni; canzonieri, equidistanti, trimembri, trimetri, similitudinarii, irrepetiti (1651), la sua raccolta di maggior successo, che precedette di pochi anni la morte.

Ecco una piccola raccolta delle poesie di Ludovico Leporeo, dalla quale si può riscontrare il talento linguistico e il gusto dell’eccesso che caratterizzano l’autore, considerato un “minore” nei giardini di Parnaso, ma che forse può ancora divertire noi contemporanei.

Per la stesura di queste note sono debitore dell’articolo Leporeambi Nominali di Lodovico Leporeo di Loris Pellegrini.

Leporeambi Alfabetici Musicali

Trisillabo, quadrisono, accentato, irrepetito
Amante ravveduto

Chi mi fa
crudeltà,
né mi dà
libertà,

a mia fé
non credé,
né mi diè
mai mercè;

non m'udì,
s'incrudì,
mi schernì,
mi tradì;

non più, no,
seguirò,
servirò,
ché ben so

morir fu
soffrir più
servitù,
schiavitù.


Leporeambi Nominali alle Dame & Academie italiane


XXX
Leporeambo alfabetico, cinquisono, irrepetito
Per la signora Delia
(-ante, -ente, -inte, -onte)

Cupido infido! io grido e strido avante
beltà che ha crudeltà, pietà non sente
di chi ferì, svenì, seguì fuggente
rea Medea che parea l'idea beante:

dama che ama e disama, e brama ovante
mirar, penar, mancar, spirar gemente
ognor un cor d'ardor; d'amor languente
preso, acceso, prosteso, offeso amante.

Queste infeste, modeste, oneste finte
dànno affanno, hanno inganno e sanno pronte
schernir, schermir, dir e disdir convinte;

non però vo' mal pro: terrò disgiunte
magìe, malìe d'arpìe natìe, recinte
d'ostrin rubin, d'or fin lustrin la fronte.


XXXVII
Leporeambo alfabetico, trisono, irrepetito
Per la signora Elena
(-eca, -ica, -oca, -uca)

Elena bella, avanzi quella greca
poiché tu sei vie più di lei pudica,
di cui memoria fa l'istoria antica
che di scempi e di stragi esempi reca;

il tuo brio vago e rio gli amanti acceca
e di chi t'ama sei dama nemica,
né vale ad ammansarte arte o fatica,
pïerio di Libetro, o metro, o deca;

il tuo baleno l'alma e 'l seno infoca,
che qual torrente vampa ardente sbuca
che per prieghi o per lai mai non s'apoca.

Per fuggir di martìr non trovo duca,
e la fiamma di Troia è dramma poca,
ch'ardo al tuo sguardo in guisa di festuca.


LXV
Leporeambo alfabetico, trisono, irrepetito
Per la signora Lidia
(-èdia, -ìdia, -òdia, -ùdia)

L'empio Amor, del mio cor la rocca assedia
co'i dardi rei de gli occhi bèi di Lidia,
e (a) la mia vita senza aita insidia
e prende, ohimé, a far di me tragedia;

ma l'ingegnier Sdegno guerrier rimedia
e a difesa ed offesa ei mi sussidia:
chiude le porte e 'l fronte mi presidia,
ch'io non cadrò né mi morrò d'inedia.

Questa crudele ed infedele m'odia
e con inganni a farmi danni studia
e rider spera udir la palinòdia;

ma invan con ambe man plaude e tripudia,
ché 'l mio Campion, de la ragion custodia,
la sua beltà senza pietà ripudia.


LXXXIV
Leporeambo alfabetico, trisono, irrepetito
Per la signora Ottavia
(-ella, -illa, -olla, -ulla)

Otto son le cagion, Ottavia bella
onde il mio cor di dolce ardor sfavilla:
per le due labbra tue; per la tranquilla,
che ne molce e raddolce, alma favella;

per l'una e l'altra tua scaltra facella
che l'alma entro la salma non distilla;
per le due gote ove percuote e brilla
il lusinghier Arcier con sue quadrella;

per questa e quella man ch'invan m'accolla,
che m'attinge, distringe e mi trastulla
onde avvien che dal sen l'alma tracolla.

Mentre t'adoro e imploro, empia fanciulla,
e in fiere tempre arda mai sempre e bolla,
non allenti il mio foco o poco o nulla.


Centuria di Leporeambi

II
Leporeambo alfabetico trisono endecasillabo satirico irrepetito
Si finge ferito da Cupido
(–astro, –estro, –istro, –ostro)

Son fatto per amor Batto sordastro,
sordo più d'aspe d'arimaspe alpestro,
e da lontan, ma in van miro e sbalestro
colei che a' sospir miei sembra un pilastro.

Per risanarmi e farmi un dolce empiastro
dal lato manco, over dal fianco destro,
Flora ed Aurora colsero un canestro
di scilla, camomilla, appio e mentastro.

Per crudeltà che mai non ha registro
ardo sin dentro il centro, e nol dimostro,
e mi corrode il cor l'umor salmistro.

Con foglie non si toglie il neo d'inchiostro,
nulla vale al mio male arpa, né sistro,
né quante corbe d'erbe ha l'orbe nostro.


III
Leporeambo alfabetico endecasillabo sestisono trimembre irrepetito
Franciosato parla di se stesso in istufa
(–ella, –illa, –olla, –ulla)

Sudo ignudo, egro e negro, entro una cella,
cufa stufa, ove piove il grasso a spilla;
mentre il ventre ivi a rivi il sangue stilla,
grido e strido, asmo, spasmo, e muoio in quella.

Bolso ho il polso, agro, magro, e sto in barella,
strutto e brutto, irto spirto che oimè strilla,
morto a torto, unto e smunto, per Plautilla,
che mi diè questa in testa pelarella.

Scotto inghiotto arso e scarso, e carne frolla,
tosto arrosto, acqua sciacqua, e vino nulla;
scialbo e falbo, ambe gambe e 'l piè tracolla.

Piango in fango alto, smalto di pesculla;
ahi, pescai cospi e rospi, e sputo colla:
bei trofei trassi ai chiassi di fanciulla!


V
Leporeambo alfabetico duodecasillabo satirico trisono irrepetito
Si sdossa da una publica offesa
(–arico, –erico, –irico, –orico)

Mastico il fren, fantastico, e prevarico,
sofistico, umoristico, colerico,
e di cordoglio mi discioglio iterico,
se d'una ingiuria in Curia io non mi scarico.

Non barbaro reobarbaro, barbarico
può guarir il martir mio mesenterico;
se non mi sfoio, muoio climaterico,
né mi risana il male ana d'agarico.

Non mi giova erba nova d'aspergirico,
non aloè di Mesuè teorico,
non verun altro vie più scaltro empirico.

Se non sconto l'affronto io non mi corico,
e non cesso contr'esso ordir satirico
leporeambo, strambo e metaforico.


XXVI
Leporeambo alfabetico endecasillabo satirico unisono irrepetito
Contra uno insignorito
(–astri, –estri, –istri, –ostri)

Tu, che usasti trattar le marre e i rastri,
rustico abitator di gioghi alpestri,
ruvido più de' Satiri silvestri,
nato a capre guidar, verri e porcastri,

Meraviglia non è se non t'ammastri
e da zoticità non ti sequestri,
né a favellare e a conversar t'addestri,
ma dal sentier politico disastri.

Son dell'organo tuo falsi i registri,
poiché in gesti, in parole e in volto mostri
rozzi costumi a civiltà sinistri.

Mentre assisti alle curie e monti i rostri,
s'arrossano apo te saggi ministri,
ché le assemblee deturpi, e oscuri gli ostri.


XXXXVIII
Leporeambo alfabetico duodecasillabo trisono satirico irrepetito
Vuole asteriscare le sue parole nuove
(–escole, –iscole, –oscole, –uscole)

Vo a caccia e in traccia di parole, e pescole
dal rio del cupo oblio, le purgo, e inciscole,
poi con ingegni degni conferiscole,
che a vederle son perle e non baltrescole.

Da ferrugine e rugine rinfrescole
e da la muffa e ruffa antica spriscole;
poi con indici ai sindici asteriscole,
e senza stento a mille, a cento accrescole.

Dalle muraglie d'anticaglie sboscole,
minime, semiminime, e minuscole,
e sappi il mondo attondo che io conoscole.

Ciarlino pure le censure cruscole,
ché a genti intelligenti e a torme toscole
le vo' mettere a lettere maiuscole.


Altri leporeambi pubblicati postumi


Leporeambo unimetro unisono endecasillabo eroico
Geroglifico del mondo e d'Italia
(–ante, –ente, –inte, –onte)

Questo smembrato mondo in parti tante
da meriggio, aquilone, euro e ponente,
d'aure spirante e di calor vivente,
di Natura e del Ciel figlio gigante,

prosteso fu da Giove fulminante
con diluvio di foco in giù cadente,
ché sormontar volea non degnamente
l'eterne vie con temerarie piante.

Le sue polpe cangiarsi in polve estinte,
le rigid'ossa in alpe, in rupe, in monte,
e le sue scheggie in isole distinte.

Di sì gran mole coscia e gamba gionte
giacquer colà da doppio mar recinte,
de l'Istria a fianco, e de la Libia a fronte.

domenica 21 marzo 2010

Maramao

Guido Almansi (1931–2001) è stato saggista, scrittore, traduttore, nonché docente di Letterature Comparate all’East Anglia University di Norwich. Critico teatrale per Panorama e critico d’arte per Repubblica, ci ha lasciato articoli e libri eleganti ed eruditi, scritti con brio e ironia, su molti temi artistici e letterari, tra i quali un memorabile studio su Achille Campanile.

Appassionato di limerick e di giochi con le parole, si è occupato in modo sia tecnico sia giocosamente pepato di sesso in letteratura. Sua è ad esempio la raccolta di saggi Estetica dell’osceno (Einaudi, Torino, 1974 e 1980), con postfazione di Italo Calvino, nella quale ha esplorato gli impervi territori dell’osceno letterario, spesso oscurati e trascurati dalla critica più benpensante, esaminando i sonetti profondamente indecenti e misogini del Belli, le fanfaronate erotiche di Henry Miller, il fallo parlante di Moravia o ancora gli aspetti erotici di alcune opere di Dante, Boccaccio e Baudelaire. Suo ancora è il limerick delle Tre civette sul comò che Umberto Eco attribuisce scherzosamente al poeta pornografico inglese Palmiro Vicarion ne Il secondo diario minimo:

There were three old Owls of Cochoers
screwing a girl onto a big chest of drawers.
But the maid was the Daughter
of a Doctor, and their Mother
cried “Come back, lousy old Owls of Cochoers

E che io ho provato a ritradurre così:

C’erano tre vecchie civette a Zerbolò
che trombavano una ragazza su un gran comò.
Ma lei era la figlia
di un dottore, e in famiglia
si gridò: “Via di lì, laide civette di Zerbolò”.

I divertimenti ludolinguistici di Almansi, che traspaiono anche dal gusto per gli ossimori nei titoli delle sue opere più serie (ad esempio L’incerta chiarezza) sono contenuti in Imimitazioni (Cooperativa scrittori, Roma, 1974), antologia di poesie bizzarre scritta con Bruce Merry, da cui traggo questo “andata e ritorno” in puro stile oulipiano, in cui il passaggio da una lingua all’altra porta a continue sfumature di significato che alla fine fanno dell’opera risultante solo l’ombra del testo originale.

Torquato Tasso

Gerusalemme liberata
 Jerusalem delivered
  Gerusalemme consegnata
   Jerusalem consigned
    Gerusalemme consegnata in caserma
     Jerusalem held in the barracks
      Gerusalemme tenuta in caserma
       Jerusalem kept in the barracks
        Gerusalemme mantenuta in una caserma
         Jerusalem a kept woman who lives in the barracks
          Gerusalemme una mantenuta povera che vive nelle baracche
           Jerusalem a poor prostitute who lives in a hovel
            Gerusalemme prostituta da pochi soldi che vive in un tugurio
             Jerusalem a cheap whore from the slums
              Gerusalemme marchettara di periferia
               Jerry the cheapest whore in town
                Geralda la puttana più a buon mercato della città
                 Geraldine the golden hearted whore who gave herself away for a song
                Gerarda prostituta dal cuor d'oro che si dava per amore
               Golden-hearted Geraldine who loved and loved to love
              Geraldina dal buon cuore che si dava per amore
             Good and sweet Jerry she is going to get married
            Dolce e buona Geraldina che magnifica sposina
           Geraldine holy and pure is the bride all men adore
          La Geralda immacolata è la sposa più adorata
         Immaculate like the Virgin Geralda bride of heaven
        Gerusa immacolata vergine celeste
       Immaculate Jerusalem celestial virgin
      La Vergine Immacolata della Gerusalemme celeste
     In the heavenly Jerusalem they found a Virgin
    La Vergine è sbocciata nella Gerusalemme liberata
   Jerusalem has been freed by the Virgin
  Gerusalemme liberata da Dio
 Dio! Gerusalemme liberata
God! Jerusalem delivered
Gerusalemme liberata

Anche Maramao (Longanesi, Milano, 1989) è un gioco e uno sberleffo alla tradizione culta della letteratura, che nasce dal “sadico” desiderio dell’autore di fantasticare con la parola e “cambiarle i connotati”. In questa raccolta prosegue la divertita constatazione dello slittamento semantico della traduzione, che Almansi porta al paradosso. La sezione intitolata Mistraduzioni si apre con questa dedica:

A David O’C., studente di primo anno a University College, Dublino, che gloriosamente mistradusse le prime due parole degli Indifferenti di Alberto Moravia, “Entrò Carla”, con “He entered Carla”.

e prosegue con alcune mistraduzioni da John Keats:

St. Agnes’ Eve – Ah, bitter chill it was! – La Eva della via Agnese, ah!, l’amaro Cile!

No, no, go not to Lethe, neither twist… – No, no! va’ no ‘ntel Lete, e bala minga el twist…

Season of mists and mellow fruitfulness! – Stagione di brume e molli fruttiferinità!

Nella sezione intitolata Variazioni sulla Vispa Teresa c’è una splendida e difficilissima versione omofonica in inglese della nota poesiola per bambini di Luigi Sailer:

La vispa Teresa
avea tra l'erbetta
a volo sorpresa
gentil farfalletta

e tutta giuliva
stringendola viva
gridava a distesa:
"L'ho presa! L'ho presa!"

Lay, wispier tea, razor
O’Biafra, laird, better
Oliver, lonesome praiser:
Gentle fur, follow it all.

Eh…tut…ah… jolly vestry,
In th’agenda, “La vie”, vagrant
dove, Addis Abeba.
Low pray, Sir! Low pray, Sir!

Belli sono anche i Distici Ibridi che aprono il testo. Ne trascrivo alcuni, con i versi, nell’ordine, di Montale, Manzoni, Foscolo e Leopardi:

Il gatto
Maramao, perché sei morto
Nel meriggiare pallido e assorto?

Bella bionda
Come porti i capelli, bella bionda
Soffermata sull’arida sponda

All’ombra de’ cipressi
Evitando il calor dell’ore diurne
All’ombra de’ cipressi o dentro l’urne.

Novantasei gradini
Fin sulla vetta della torre antica
Novantasei gradini: che fatica!

Immancabili le sezioni deliziosamente volgari, come Erotica, da cui traggo Dora, preceduta da una epigrafe di Freud:

Dora

“L’attenzione prestata dalla donna ai contorni dei genitali maschili
percepibili attraverso i vestiti  diviene, dopo la sua rimozione,
motivo di molti casi di ritrosia e di timore nella società”
(S. Freud, Frammento di  un’analisi di isteria, 1901)

Ei fu. Siccome immobile
S’appisola il pisello
Dietro la patta, immemore
Del turgido martello:
Osserva Dora attonita,
s’appiana il dislivello.

In omaggio all’attuale situazione politica e sociale del nostro paese, concludo questa presentazione dei giochi linguistici di Guido Almansi con un gioiello tratto dalla sezione intitolata Il culo e il suo prodotto:

La manna

Se Dio dal cielo
Piscia bel bello
Prendi rifugio
Apri l’ombrello

Se cade la cacca
Dio forse t’inganna
Assaggiane un poco
Potrebbe esser manna.

L’articolo per tutti si concluderebbe qui. Per i soli cultori del genere, e solo per loro, con tutte le avvertenze del caso, riporto una poesia decisamente oscena, che accompagno con una dedica postuma alle belle donne miracolate dal presidente del coniglio e divenute politiche:

Signora dal sistema idraulico dissestato

Fica pelosa da vecchia caprona
Tetta vaccacea e penzolona

Culo gigantico espanso e flaccido
Chioma bisuntica e fiato rancido

Pancia tremblacea cosce a venuzze
Tu esali il tanfo di mille puzze

Vecchiaccia immonda baldracca antica
Pisci a torrenti ma caghi a fatica.

giovedì 18 marzo 2010

Guardate la data!

Sguinzagliati dal clerico-affarismo del signor B., i negazionisti di tutto, i granzotti servili, i necromantici sallusti, i paragoni incomparabili, insomma i cagnolini fedeli di molti padroni, ancora si fanno sentire su Il giornale, Libero e Il Foglio. Se nevica a Milano dicono che l'effetto serra non esiste e che il riscaldamento globale è un complotto comunista. Eppure certe cose si sanno da un bel po'. Il trafiletto è tratto da Popular Mechanix dell'agosto 1953, cinquantasette anni fa.


domenica 14 marzo 2010

Carnevale della Matematica n. 23

Benvenuti ad un Carnevale della Matematica ricchissimo di contributi, perché questo mese coincide con il Pi day e con il (131°) compleanno di Albert Einstein. E sì che il 23 a prima vista non sembra un numero particolarmente importante e la sua fama sia controversa: a Roma è considerato un numero propizio, ma per la smorfia napoletana è o’scemo e nel linguaggio dei sordi vuol dire stupido. D’altra parte un limerick di autore sconosciuto ce lo descrive come un fannullone:

C’era un numero di Sestri Ponente
che non faceva mai proprio niente.
Se ne stava ad oziare
sulla riva del mare
quel 23 indolente di Sestri nolente.

23 è il nono numero primo, ed è anche il più piccolo primo dispari a non essere un primo gemello, cioè un numero primo che differisce di 2 da un altro numero primo. Le coppie iniziali di numeri primi gemelli sono:

(3, 5), (5, 7), (11, 13), (17, 19), (29, 31), (41, 43), …

che, come si vede, lasciano il nostro 23 solo come un cane. Il nostro protagonista non brilla neanche in altre parti della teoria dei numeri: come primo fattoriale (un numero primo che differisce di 1 da un fattoriale), è quinto, dopo 2, 3, 5, 7, infatti 23 = 4! – 1; come numero di Woodall è terzo, dopo l’1 e il 7, perché soddisfa la definizione di Wn = n ∙ 2n per n = 3.

Proseguo la rassegna e guardo come il 23 si comporta da primo di Sophie Germain, cioè vado a vedere se (2 ∙ 23) + 1 è un numero primo. In effetti viene 47, che è primo, ma noto con rammarico che qui il 23 è preceduto da 2, 3, 5 e 11. Come numero primo sicuro lo trovo quarto, perché 23 = (2 ∙ 11) + 1 e 11 è un numero primo.

Lo trovo come primo di Eisenstein ancora al quinto posto, senza parte immaginaria e con parte reale nella forma 3n – 1 (in questo caso n = 8). Il nostro 23 sembra qui intrappolato in un piano complesso dalle maglie triangolari.

Dispero di trovarlo nella serie dei numeri fortunati. E infatti non c’è. Insomma, in un cerchio di prigionieri giudei in attesa di esecuzione da parte delle truppe romane, chi occupava il posto 23 non si è certo salvato. C’è invece due volte tra i primi di Fortune, che prendono il nome dall’antropologo neozelandese Reo Fortune che li congetturò. Consideriamo il prodotto P dei primi n numeri primi (mi dicono di chiamarlo primoriale). Fortune congetturò che se q è il più piccolo numero primo maggiore di P +1, allora q– P è primo. Ad esempio, se n è 3, P vale 2 . 3 . 5 = 30, q = 37, e q – P é il numero primo 7. Se n è 4, P vale 2 . 3 . 5 . 7 = 210, q = 223, e q – P é il numero primo 13. Se n è 5, P vale 2 .3 . 5 . 7 .11 = 2310, q = 2233, e q – P é il numero primo 23. I numeri iniziali di Fortune così ricavati sono

3, 5, 7, 13, 23, 17, 19, 23, 37, 61, 67, 61, …

La congettura di Fortune è finora stata verificata per un migliaio valori di n. Non so se sia vero, ma, secondo un amico, Fortune fece una brutta fine:

There was an anthropologist named Fortune
Who conjectured on primes on a high dune:
He stood in that desert land
‘til he was buried by sand.
MisFortune was the headline of the Tribune.

Ritorno al nostro 23 interessandomi ai primi di Pillai, che mi colpiscono innanzitutto per il secondo nome del matematico indiano che li ha esplorati (Subbayya Sivasankaranarayana Pillai). Un primo di Pillai è un numero primo p per il quale esiste un numero intero positivo n tale che n!+1 è un multiplo di p e p non è multiplo di n+1. Siccome 14! + 1 è un multiplo di 23 ma 23 non è un multiplo di 14 + 1, allora 23 è un primo di Pillai, e (wow!) è il primo della serie:

23, 29, 59, 61, 67, 71, 79, 83, 109, 137, 139, 149, 193, ...

Continuo a cercare e scopro anche che la somma dei primi 23 numeri primi è 874, che è divisibile per 23, una proprietà condivisa da pochissimi altri numeri. E il 23 è anche uno dei due interi che non può essere espresso come somma di meno di nove cubi di interi (l’altro è il 239). Infine 23 è il più piccolo numero primo dispari ad avere più soluzioni per l’equazione x – φ(x) = n, dove φ è la funzione toziente di Eulero. Insomma, almeno alla fine, il nostro ospite qualche piccolissima soddisfazione ce la dà.

E poi, e poi un appassionato di matematica dovrebbe ricordare anche l’intervento di David Hilbert al secondo Congresso Internazionale dei matematici tenutosi a Parigi nel 1900, nel quale il grande matematico tedesco prese in rassegna le tendenze di base della ricerca matematica alla fine del XIX secolo e indicò i 23 (ventitré!) problemi da risolvere che secondo lui meritavano l’impegno degli esperti nel secolo che si era appena aperto. Grazie al prestigio di Hilbert, questi problemi furono affrontati con impegno dai matematici, e molti di essi furono risolti quasi subito, magari scoprendo che andavano impostati diversamente. Alcuni, tuttavia, lo sono stati solo molto recentemente, e altri continuano tuttora a sfidarci. Dicono che all’ultimo momento Hilbert volesse parlare di un ventiquattresimo problema, ma non fece in tempo a inserirlo nel documento che consegnò agli organizzatori. Egoisticamente, come curatore di questo Carnevale n. 23, dovrei dire per fortuna.

Hilbert è il protagonista di un clerihew del matematico inglese Jonathan Partington, che ha giocato sulla sua quasi omonimia con un librettista di operette comiche famoso nel mondo anglosassone:

David Hilbert
Was often mistaken for Gilbert.
"I did NOT write Trial by Jury!"
He would say, in a fury.

Partington ha scritto anche un buffo clerihew sulla macchina di Turing che voglio citare anche se vado fuori tema:

Alan Turing
Needed reassuring
That a Turing machine made of papyrus
Was immune to almost every virus.

Fuori dalla matematica, ricordo che i gameti umani hanno 23 cromosomi e che 23 è il numero atomico del vanadio. Fuori dalle scienze, in campo letterario, come tacere che il nostro ospite entra nel titolo di uno dei capolavori di Beppe Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba?

Ma temo di essermi troppo dilungato, e una tomografia del cervello dei miei lettori potrebbe rivelare preoccupanti sintomi di impazienza:
Hosted by imgur.com


Passo perciò ad illustrare i contributi giuntimi, in ordine di arrivo.

Dioniso, che insiste a chiamare Blogghetto un blog di tutto rispetto e Dulcinea la sua bici, è stato il primo a inviare il proprio contributo, che prosegue una panoramica sulla storia della matematica intrapresa da tempo. Il protagonista di questo articolo, dal titolo Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 16: il basso medioevo in Europa: Gerberto di Aurillac, Logica e Filosofia scolastica, è Gerberto di Aurillac (ca. 940 – 1003), che fu probabilmente il primo ad insegnare l'uso delle cifre indo-arabiche nell'Europa cristiana. Dioniso fa anche notare come i pochi progressi degli inizi del nuovo millennio nell'Europa cristiana, piuttosto che nel campo della matematica, avvennero soprattutto nell'ambito della logica.

Peppe Liberti, sul suo Rangle, ci segnala tre articoli. Nel primo, Gioca con Diofanto ma ... , partendo dall’equazione diofantea, arriva ad illustrare un metodo per trovare sequenze di interi consecutivi i cui quadrati, sommati, obbediscano ad una relazione simile a quella della terna pitagorica. Devo ricordare che questo articolo è stato scritto appositamente per il Carnevale, nel timore che gli scagliassi contro uno dei miei limerick, che però gli è arrivato lo stesso.
In Prede e predatori Peppe si occupa delle dinamiche della popolazione dei vampiri con l’aiuto del modello preda–predatore di Lotka–Volterra, argomento che sviluppa ulteriormente con il modello Kermack–McKendrick per la diffusione delle epidemie in Modelli matematici e pubblicazioni da strapazzo, dove giustamente si indigna perché talvolta viene data ospitalità in sedi prestigiose a preprint di dubbio valore scientifico.

Anche Zar, che su Gli studenti di oggi è uno dei pochi ad usare talora il buon vecchio metodo dialogico per illustrare concetti matematici, contribuisce al Carnevale con tre articoli. Nel primo, Il teorema dello pseudo Scoto, prendendo spunto da una striscia di xkcd, ci parla di un teorema per il quale partendo da una contraddizione si può dimostrare qualunque affermazione – che, dico io, è una buona descrizione della politica italiana di oggi.
Ne Il dugongo Zar si lascia andare ai ricordi di gioventù, trattando di fumetti d’avventura, di un disegnatore che ha amato, di ingegneri e proporzioni. Questo articolo mi porta alla mente una filastrocca che soleva canticchiare lo scrittore Elia Spallanzani quando era indeciso se esistere o meno:

Un dugongo, se fatto di pongo,
lo scompongo e lo ricompongo,
ma se dispongo di un duguongo
c’è uno iato o c’è un dittongo?

L’ultimo contributo di Zar si intitola Numeri che fanno girare la testa e tratta, ancora con riferimento a xkcd, della congettura di Collatz e di numeri giganteschi utilizzati in qualche dimostrazione, con una meritoria sottolineatura della differenza tra dimostrazione e verifica.

Maurizio Epifani di Ai margini manda cinque articoli. Vacci piano, se sei complesso è un ottimo esempio di calcolo scellerato, un'esposizione del paradosso di Bernoulli-Leibniz che si conclude con la dimostrazione (fallace) che l'arcotangente di 1 vale zero e non π/4!
Il teorema di Viviani esamina invece una proprietà dei punti del triangolo equilatero, cioè che un qualsiasi punto P preso all’interno o su uno dei suoi lati è tale che la somma delle sue distanze dai lati è uguale all’altezza del triangolo.
Ne Il teorema di Tolomeo Maurizio si occupa con diversi approcci di un teorema contenuto nell’Almagesto che riguarda una proprietà dei quadrilateri ciclici, generalizzazione del teorema di Pitagora.
Di un altro esempio di fallacia si occupa Tutti i numeri interi sono uguali a 1: dall'espressione della somma dei primi n interi positivi è possibile concludere che n = 1 (qui ci vorrebbe un punto esclamativo che non metto per non fare confusione con il fattoriale).
Il quinto e ultimo link ad Ai Margini invia a Il teorema della farfalla, che parla di una proprietà del punto medio delle corde di una circonferenza, un teorema schivato dai testi scolastici, probabilmente a causa della sua non agevole dimostrazione.

Gravità Zero manda per questo Carnevale n. 278 un bell’articolo di Claudio Pasqua sul sistema di numerazione adottato su Pandora, che naturalmente dipende dal numero di dita delle due mani dello smilzo popolo Na'vi: Avatar: su Pandora si conta in ottale.
Walter Caputo è invece l’autore di La matematica del Data mining fra economia e scienza, che illustra i vantaggi di questo innovativo processo statistico di “scavo nei database” per scoprire regolarità o relazioni non note a priori che possono essere di importanza fondamentale in campo aziendale o nella ricerca scientifica.
Un particolare gruppo musicale è infine l’argomento dell’articolo Spiraleggiando di Carlo Ferri, che ci parla dei californiani Tool, il cui album “Lateralus” (2001) è pieno di riferimenti matematici, dalle canzoni Parabol e Parabola fino alla stessa Lateralus che è inspirata dall'opera di Leonardo Pisano. Il messaggio dei Tool è che la vita va vissuta come se cavalcassimo una spirale di Fibonacci, senza paraocchi, “separando il corpo dalla mente” per poter rompere gli schemi della nostra individualità. Insomma:

Vivere senza lacci e legacci
sulla spirale di Fibonacci,
oziare e giocare tutto il dì
tanto al resto pensa phi.
Salutarsi con baci e abbracci
quando andiamo via da lì.

.mau., venerato fondatore, manda al Carnevale nove contributi comparsi su Notiziole di .mau.. Innanzitutto una riflessione per spiegare che cosa si intende per induzione in campo matematico, che è stato necessario suddividere in due articoli, nel secondo dei quali segnalo un interessante paradosso sul colore dei cavalli. Ecco i link: L'induzione matematica (1/2) e L'induzione matematica (2/2). Sempre sullo stesso argomento, Fibonacci e l'induzione affronta un teorema sui numeri di Fibonacci dimostrabile con l'induzione.
Matematica in camicia nera è invece la recensione di un libro sulle storie personali dei matematici italiani fra l’inizio del secolo scorso e il 1940, in cui non manca la constatazione che ipocrisia e conformismo, antichi vizi nostrani, non risparmiano i matematici.
Il quinto articolo, Il petrolio come i salmoni!, è un commento su come certa stampa ha affrontato le notizie sul recente disastro ambientale del Lambro e del Po: la battaglia delle cifre e una marea nera che risale il fiume verso la sorgente!
Sempre in tema ambientale, si parla di polveri sottili in Il PM10 è davvero diminuito?, osservando come negli ultimi 15 anni il particolato a Milano è rimasto più o meno costante, ad onta di certe dichiarazioni ufficiali: poi si può discutere perché capita così.
Il maltrattamento della matematica è commentato anche in Mi si è ristretta la macchina!, dove un salone dell’automobile sembra si possa ospitare in un appartamento, Far di conto no. Leggere e scrivere, boh, che mette in risalto la confusione che si fa tra analfabetismo matematico (spesso di ritorno) e discalculia, La pressione fiscale è salita? Boh, che evidenzia come i dati macroeconomici possano essere “tirati per la giacchetta” secondo le convenienze di parte, e Quello che i titoli non dicono, che mostra come si può barare con la matematica anche scrivendo informazioni assolutamente corrette.
Sempre .mau. vuole farci conoscere due citazioni di Steven Strogatz riportate sul suo tumblr Ritagli di .mau.: il primo sulla paura del segno meno e il secondo sulla ricerca delle radici.

Questo Carnevale è l'occasione buona per dedicare al nostro .mau. un limerick che avevo scritto tempo fa e che mi sembra ben si adatti a celebrare un certo evento che lo ha riguardato:

Grande fu l’importanza degli eventi
al reparto maternità dei segmenti.
Ebbero infatti i natali
tre gemelli, tutti uguali.
Corresse il pediatra: “Congruenti”.

Gianluigi Filippelli, che è un appassionato di fumetti, in qualità di “rappresentante eletto” del sito di fumetto e arte Lo Spazio Bianco, invia il collegamento che porta a Ultima lezione a Gottinga, in cui Daniele Occhicone recensisce dal punto di vista fumettistico la graphic novel sugli infiniti di Cantor e intervista l’autore, Davide Osenda.

Nei panni più consueti di curatore di Scienze Backstage, Gianluigi Filippelli commenta Ultima lezione a Gottinga da un punto di vista decisamente matematico, dato che ci parla del primo problema indicato da Hilbert, quello dell’ipotesi del continuo.
Il suo secondo articolo è Valutazione matematica dei disastri naturali, che ci informa su un modello sviluppato da ricercatori spagnoli che cerca di fornire una valutazione in tempo reale dei danni dei disastri naturali in modo da scegliere gli interventi più consoni.
Da ignorantone in matematica con nonni modenesi credevo che Il teorema di Noether discutesse di portici e nebbie e tigelle di nueter (“noi”), o al massimo di un metodo per calcolare l’altezza della Ghirlandina (m. 86,12). Invece si tratta di un articolo su un teorema importante per la fisica, frutto dell'ingegno di una grande matematica tedesca.
Anche Le donne del laplaciano parla dell’altra metà del cielo (si può citare Mao?): il laplaciano, nome dalle vaghe assonanze geologiche, è l’operatore differenziale del secondo ordine spiritosamente preso dalle organizzatrici per dare il titolo al congresso di matematica che si terrà dal 3 al 6 maggio a Monopoli. L’articolo contiene anche una breve presentazione dei pezzi più interessanti comparsi in occasione del 63° Carnival of Mathematics dei nostri cugini di lingua inglese.
L’ultimo contributo da Scienze Backstage, è LaTeXsperiment: distribuzione di Bose-Einstein, che Gianluigi definisce “un piccolo delirio” sulla distribuzione di Bose-Einstein, giusto per provare uno script per LaTeX e suggerire un suo utilizzo anche per blog non su piattaforma blogspot.

Eccoci arrivati ai commendevoli Rudi Matematici: il loro articolo più recente, proprio oggi disponibile, celebra il compleanno di quell’uomo con i baffi che in un anno cambiò il corso della fisica, non trascurando il ruolo avuto nella sua vita e nei suoi studi da una donna di nome Mileva, da un amico di nome Michele, da un precursore poco conosciuto di nome Olinto: Buon compleanno Albert!
Nel secondo articolo, la wasan, la matematica giapponese del periodo Edo e i Sangaku, le singolari forme di matematica incise su tavolette lasciate nei templi scintoisti, sono oggetto di una trattazione storico–matematica e l’occasione per proporre interessanti problemi ai lettori.
Un bel video del quartetto Cetra incorona il canonico articolo con la soluzione del problema pubblicato su Le Scienze: Il problema di Febbraio (498) – Mamma mia dammi cento lire, che riguarda collezioni fortuite di monete di diverso conio e probabilità di trovare vecchie banconote sfuggite alla distruzione. Voglio rassicurare gli autori e i lettori sul fatto che i grandissimi Cetra non sono “per vecchi”, ma fanno parte del patrimonio senza tempo della nostra cultura popolare.
Per il classico problema della matematica ricreativa, i Rudi stavolta propongono con il consueto brio Gatti, topi, ed errori (in macelleria), che pone l’attenzione su un errore semplice ma frequente nel problem-solving.
Concludo il discorso sui Rudi Mathematici (ora con la H) ricordando che è uscito il numero di marzo di RM, il n.134 (a proposito, ricordate di fare gli auguri a Rudy!).

Le segnalazioni di Giovanna Arcadu di Matematicamedie anche in questa occasione sono numerose. Se è consentita una nota personale, dico che è grazie al suo entusiasmo didattico che persino io ho cominciato ad avvicinarmi a Geogebra (indispensabili i suoi tutoriali). Parto proprio dagli articoli di didattica, compresi alcuni lavori dei suoi allievi:
Cerchi, “seme della vita” e …: dal disegno del seme della vita del tempio di Osiride ad Abydos a una serie di attività sui cerchi passanti per uno, due e tre punti.
Eratostene misura la circonferenza terrestre: dal procedimento del grande matematico greco al metodo del giardiniere per il disegno dell’ellisse.
La condizione di perpendicolarità: un’attività per scoprire la relazione tra i coefficienti angolari di due rette perpendicolari.
Perimetro di poligoni rettangoli: un’attività per il calcolo del perimetro dei poligoni inscrivibili in un rettangolo, con la scorciatoia… presente anche nel Perimetro di poligoni a scala.
Dall’inversa della potenza …: una relazione dei ragazzi sulle proprietà della radice quadrata e sui quadrati perfetti porta a un’attività in excel sulle proprietà dei numeri quadrati. Il seguito naturale dell’articolo è Da un numero quadrato sottraggo un numero quadrato.
Numeri “rettangoli” con Geogebra: una applet realizzata dai ragazzi sui numeri rettangolari.
8 marzo. Emma Castelnuovo è invece un omaggio, in occasione della Giornata (e non festa!) della Donna, alla grande ricercatrice e innovatrice della didattica della matematica in Italia, con videointervista e lettura.

Geogebra è lo strumento privilegiato per realizzare curve ed articoli come Valentino matematico, dedicato alle curve d’amore (cardiodi, concoidi, ecc.) con cui disegnare cuori e batticuori, e Dinostrato e la quadratrice (di Ippia), che riprende un articolo sulla trisettrice di Ippia per illustrare come questa antica curva può servire per la quadratura del cerchio.

Infine Giovanna celebra il Pi day con tre segnalazioni: Come si calcola pi greco dimostra come si può avvicinare il valore di π per successive approssimazioni, aumentando il numero dei lati dei poligoni regolari inscritti in una circonferenza; Il problema della quadratura del cerchio prosegue l’articolo precedente, informando come un problema irrisolvibile (la quadratura del cerchio con riga e compasso) abbia portato alla ricerca di valori sempre più precisi del nostro festeggiato; Attorno a pi … Connessioni e sequenze tratta di come π sia progressivamente uscito dall’ambito strettamente geometrico entrando in molti campi matematici, nella statistica e nella fisica, antica e moderna. Certamente Giovanna celebra il π in modo degno, diversamente dall’autore di questa quartina maltusiana:

Il pi greco è quella cosa
che s’impara in geometria,
chi vuol essere lieto sia
perché oggi è la sua fest.

Efficiente, poliedrica, attivissima, anche Annarita Ruberto tiene alta la bandiera delle donne in questo Carnevale, con numerose segnalazioni da Matem@ticaMente. Anche per lei incomincio con gli articoli di didattica della matematica.
Rette Parallele Tagliate Da Una Trasversale E Test Online presenta un'applet multipla di GeoGebra sugli angoli formati da due rette parallele tagliate da una trasversale. Si può interagire con il foglio dinamico e svolgere alla fine un test online.
Una Verifica Del Teorema Di Viviani, un'applet per verificare numericamente il teorema di Viviani trattato da Maurizio Epifani nell’articolo che sopra ci ha segnalato. L’argomento è affrontato anche dal punto di vista geometrico in Dimostrazione Grafica Del Teorema Di Viviani, un'applet multipla con la dimostrazione grafica del teorema relativamente al triangolo equilatero.
Un Importante Problema Di Equiestensione: Il Teorema Di Pitagora utilizza un'applet multipla con due fogli dinamici per presentare prima la relazione pitagorica come un problema di equiestensione e poi per verificare il teorema dal punto di vista numerico.
Il Problema Del Sepolcro Di Diofanto propone agli allievi un problema interessante nell’ambito della trattazione delle equazioni di 1° grado in una sola incognita: determinare la durata della vita di Diofanto a partire dall'epigramma che figura sul suo sepolcro, composto in forma di esercizio matematico.

A proposito di sepolcri, lo sapevate che Riemann è sepolto in Italia (articolo in francese)?

Come articoli di divulgazione Annarita invia innanzitutto La Matematica Di Google, il 1° video di "Math Inside", la matematica nella vita di tutti i giorni, un lodevole progetto di Maddmaths!, SIMAI e UniRomaTv. L’articolo segnala anche il convegno su Matematica e Cultura 2010 che si terrà a Venezia dal 26 al 28 marzo prossimi.
Celebrating Pi Day, oltre a parlarci della ricorrenza odierna, ci addita il sogno americano, riportando la Risoluzione H.RES.224 della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, con la quale il 14 marzo viene riconosciuto come giornata ufficiale per celebrare π e si invitano i docenti a vivere il Pi Day come occasione per “incoraggiare i giovani verso lo studio della matematica”. Direbbe Lucio Dalla “Ma l’America è lontana, dall’altra parte della Luna”

Infine Annarita invia i link a una serie di risorse: Archimede (da Wikisource) il testo scritto dal matematico e storico della scienza Antonio Favaro (1847–1922) e pubblicato nel 1923, Storie Di Numeri Di Tanto Tempo Fa - Capitolo 5, il quinto capitolo, tradotto in italiano per Matem@ticaMente, dal pdf ebook di David Eugene Smith Number Stories of long ago, del 1919, La scienza di Talete, un pdf scaricabile gratuitamente dal sito di GioiaMathesis per una lettura piacevole e istruttiva, Playground Of Mathematics - Il Parco Della Matematica, un'ottima risorsa gratuita per la scuola primaria creata da Dimitar Spassov, che può risultare un valido strumento ludico-didattico: l’ottimo Maestro Alberto ha curato la traduzione del sito in lingua italiana.

Come l’etichetta e il bon ton suggeriscono, le ultime segnalazioni riguardano il padrone di casa. Questo mese Popinga consiglia di leggere La principessa Hoppy, una favola matematica, che parte dalla fiaba postmoderna dello scrittore oulipiano Jacques Roubaud, basata su numerose restrizioni formali prese dalla matematica, per illustrare alcuni concetti relativi alle relazioni tra gli elementi in un insieme o appartenenti a insiemi diversi.
Soluzione del Paradosso è uno “spettacolo per marionette filosofiche” scritto dal fisico quantistico Abner Shimony: si tratta di una versione surreale del paradosso della dicotomia di Zenone, che si conclude con l’intervento risolutivo di un leone.
Anche Bollettino mereologico è un piccolo gioco ai confini con la filosofia: uno schema enigmistico è il pretesto per parlare della mereologia, la branca della logica e dell’ontologia che cerca di investigare il rapporto tra la parte e l’intero, anche dal punto di vista formale.
Infine Cavazzoni e i numeri è un esilarante testo sui numeri in letteratura tratto da Il limbo delle fantasticazioni di Ermanno Cavazzoni, il “trattato comico” in cui lo scrittore emiliano esplora il concetto di fantasticazione, matrice di ogni celestiale bellezza e di ogni nefandezza artistica.

Ho finito e vi ringrazio per essere arrivati fin qui. Concludo ricordando che saranno gli amici di Gravità Zero ad ospitare il Carnevale n. 24 del prossimo 14 aprile. Saremo in piena primavera, stagione che ispira il relax anche a soggetti impensati:

Sotto i fiori di un cespuglio ornamentale
oziava un ∃ (quantificatore esistenziale).
Sdraiato sull’erba
risolveva un cruciverba
con le lettere scritte al contrario del normale.

venerdì 12 marzo 2010

Cavazzoni e i numeri

Ermanno Cavazzoni
DELL’USO DEI NUMERI IN LETTERATURA

I numeri sono un sistema di scrittura ideografica molto comodo ed economico; sembrano entità fredde e impassibili, mentre io trovo che nei numeri (e nei simboli matematici) ci sia un latente erotismo, non abbastanza utilizzato. Esempio: il 3,14 (o pi greco) lo si può sentire come un modo scorciato per alludere al membro maschile (“Era lì che si tirava il 3 e 14 e non se lo lasciava stare”); o il 66 (“Si calò le braghe e si poggiò con tutto il 66 sull’asse del cesso”). Qualcosa nella lingua per la verità c’è già, esempio: 2 e 2 quattro per dire in un attimo (o 4 e 4 otto); ma non vale 3 e 3 sei, non è in uso; e si può però incominciare a osservare che è leggermente più veloce 2 e 2 quattro, cioè ha meno ostacoli che il 4 e 4 otto. Ma se dicessi “in 3 e 3 sei arrivò a casa”, prima di tutto sarei capito? Credo di sì, perché il rimando al 2 e 2 quattro è evidente, ma in più c’è di mezzo qualche intralcio alla locomozione, ad esempio è uno che usa una stampella: “Aiutandosi con la stampella in 3 e 3 sei arrivò a casa”. Beh, devo dire, abbastanza efficace. Da cui se ne deduce che tante altre somme potrebbero entrare nell’uso come espressioni, raffinando la gamma delle differenze. “In 6 e 6 dodici arrivò a casa”, cosa significa? Forse che c’era del ghiaccio o dell’unto per terra ed è stato aiutato dalle scivolate, un po’ come 4 e 4 otto che fa anche rumore, si buttano giù delle sedie, degli sgabelli per arrivare prima, mentre in 2 e 2 quattro si tende a fare dei passi che sono dei salti. Così mi sembra. “In 8 e 8 sedici arrivò a casa”, a mio giudizio qui uno si tira dietro qualche amico incontrato per strada, col quale si è anche fermato a bere in fretta un bicchierino in un bar, per cui in 8 e 8 sedici significa che arriva a casa anche un po’ ciucco, cioè non cammina dritto del tutto. Mi auguro che queste espressioni entrino, perché allora con le infinite potenzialità dei numeri e delle operazioni aritmetiche, si aprirebbe un grande campo di possibilità espressive. “Lui la prese e fecero un 4 per 4”; cosa fecero? L’immaginazione si apre, ci si conturba. “Si distesero a mo’ di 88”, chissà com’è, ma dev’essere bello; e sarebbe bello se ogni gesto erotico o amoroso avesse un suo numero.

«La bocca mi baciò tutto tremante» (Dante Alighieri). Se Francesca a Paolo avesse detto: “La bocca mi baciò a 74”, sarebbe stato un bacio storto, un po’ da dietro, molto scomodo. “La bocca mi baciò a 77”, qui debbono essersi toccati i denti, Paolo ci mise una certa foga e forse è saltato un po’ di smalto. “La bocca mi baciò al 100%”, qui siamo di fronte a un perfezionista. “La bocca mi baciò 3 per 80”: ci dev’essere qualcosa di spalancato, che rinvia ad un’area, esprimibile anche in metri quadri, e così via. Dante Alighieri avrebbe potuto essere più circostanziato sulla tecnica, con l’uso di formule numeriche, senza cadere nella pornografia. “La bocca mi baciò 20 al quadrato” (che si può scrivere 202), cioè esagerando un po’ sull’intensità della prestazione. Quel “tutto tremante” è un po’ povero e impreciso, poteva dire “La bocca mi baciò per 4 quinti” (o 4/5), cioè non completamente per via del tremore, o anche “La bocca mi baciò 3,(3) (con 3 periodico, numero irrazionale che rinvia all’irrazionalità del bacio), ma non essendo un buon endecasillabo si può scrivere “La bocca mi baciò col 3 periodico” che è verso sdrucciolo e a mio avviso rinvia a reiterazione e tremore. Forse il tremore non si coglie bene, ma si può esprimere l’esitazione e l’avvicinamento fatale con una curva logaritmica: “La bocca mi baciò con logaritmo”, che forse non è un gran verso, anche difficile da far rimare, però contiene l’immagine degli assi cartesiani (che sono Paolo e Francesca) e del bacio che tende senza mai giungere, e quando giunge si è aperto il tempo infinito dell’aldilà, dell’espiazione (e dell’amore eterno). La curva logaritmica (che si può scrivere numericamente per indicare la posizione delle bocche nello spazio) la trovo conturbante, come una situazione compromessa e sospesa, che procrastina il precipitare della congiunzione.

Con ciò voglio caldeggiare una presenza più massiccia dei numeri in letteratura, anche in misura superiore alle parole, usando anche i numeri irreali di Robinson, il calcolo tensoriale, l’assiomatizzazione dei sentimenti, il calcolo differenziale e tutte le possibilità delle geometrie post-relativiste.

Facciamo ancora un esempio. “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno” (Manzoni, I Promessi sposi) può essere espresso nei termini della geometria dei frattali, molto utile per descrivere sistemi caotici come il lago di Como, che possiede area finita ma bordo infinito, a segmentazione curva ricorsiva: il tutto può venire espresso in una formula numerica, ricorrendo eventualmente alla geometria topologica per precisare la frase “che volge a mezzogiorno”, e ad un algoritmo tensoriale per la “catena non interrotta di monti”, dove si vede che il Manzoni usando la parola generica “monte”, preferisce stare sul vago; ché allora era meglio, per essere ancora più romantici, accentuare l’effetto vaghezza e dire: “Quell’H2O volta a sud tra un innalzamento tettonico...” che avrei trovato emozionante.

Questo esilarante testo di Ermanno Cavazzoni è comparso sul n. 17 di Tèchne, la rivista di bizzarrie letterarie diretta da Paolo Albani, dedicato interamente ai numeri (c’erano anche le mie poesiole matematiche e fisiche). Ora è diventato uno dei capitoli de Il limbo delle fantasticazioni (Quodlibet, Macerata, 2009, € 12,50), il “trattato comico” in cui lo scrittore emiliano esplora a suo modo filosoficamente il concetto di fantasticazione, matrice spesso maniacale di ogni celestiale bellezza e di ogni nefandezza artistica. Libro ovviamente consigliato.