lunedì 28 febbraio 2011

Ars autem mathematica damnabilis interdicta est


Uno degli aspetti davvero rivoluzionari dello sviluppo della rete sono le biblioteche digitali pubbliche. Un patrimonio immenso di testi, suoni e immagini che sempre di più è reso disponibile ai nostri clic. Senza l’accesso diretto alle fonti reso disponibile da questo servizio fondamentale, ad esempio, i blog culturali (scienza, storia, arte, ecc.) non potrebbero esistere. Nella nostra attività di utilizzatori, ai quali sono risparmiati tempo, fatica ed esborsi, siamo spesso portati a sottovalutare il lungo e paziente lavoro di migliaia di persone che passano intere giornate a recuperare testi, a passare con lo scanner pagina dopo pagina, a correggere gli inevitabili errori di scansione dovuti alle piegature della carta o alle sue cattive condizioni, talvolta a preparare servizi aggiuntivi come la ricerca interna al testo o una sua versione in PDF resa in caratteri moderni. All’avanguardia in questo servizio ci sono ad esempio Gallica, versione digitale della Bibliothèque National de France, la World Digital Library, il servizio online della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, oppure il Project Gutenberg, biblioteca di decine di migliaia di libri digitali accessibili gratuitamente, ma le biblioteche digitali sono in realtà decine, diffuse in tutto il mondo, molte di carattere generale, altre specializzate in qualche campo del sapere o su base linguistica.

Anche in Italia il prezioso e oscuro lavoro di digitalizzazione si sta sviluppando con lena, nonostante i problemi organizzativi e finanziari con i quali si devono scontrare le istituzioni culturali responsabili. Il nostro paese possiede un patrimonio librario immenso ereditato dal passato, ma è anche l’allegra nazione in cui nel presente i governi guardano alla cultura con sospetto o come un ramo da tagliare, considerando prioritarie altre scelte, come ad esempio il finanziamento delle scuole confessionali.

Tra le istituzioni italiane maggiormente impegnate nella digitalizzazione di testi antichi c’è l’Università di Bologna, con la sua biblioteca digitale Historica. Dopo un lavoro durato anni (sic), ad esempio, è finalmente disponibile online una delle opere giuridiche fondamentali del passato, il Corpus Iuris Civilis (529–534) dell’imperatore bizantino Giustiniano, che ha rappresentato per secoli la base del diritto comune europeo. L’Alma Mater bolognese ha un motivo in più di altri atenei per dichiararsi soddisfatta del risultato conseguito: il Corpus Iuris Civilis fu recuperato, studiato, glossato e conservato proprio a Bologna a partire dal XII secolo. Questa notizia me l’ha segnalata l’amico Andrea Zanni, che molti di voi conoscono con il nickname AubreyMcFato per il suo blog Questo blog non esiste. Andrea, per chi non lo sapesse, è da anni socio e oggi segretario di Wikimedia Italia nell’ambito del progetto Wikisource, che offre l’accessibilità a numerosi testi fuori dal campo di applicazione del copyright. Da qualche mese ha messo le proprie competenze al servizio dell’Università di Bologna e di Historica.

Il Corpus Iuris Civilis fu iniziato poco dopo l'ascesa al trono imperiale di Giustiniano e proseguì fino alla sua morte. È composta da:
Institutiones - opera didattica in 4 libri destinata a coloro che studiavano il diritto.
Digesta (o Pandectae) - antologia in 50 libri di frammenti estrapolati (non senza modifiche) dalle opere dei più eminenti giuristi della storia di Roma.
Codex - raccolta di costituzioni imperiali (leges) da Adriano a Giustiniano.
Novellae Constitutiones - costituzioni emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex, fino alla sua morte.

Quest’opera monumentale è importante non solo per chi studia giurisprudenza: è ovvio che un testo che raccoglie leggi e decreti è uno specchio della società che lo esprime, ancor di più se la raccolta ha un’estensione temporale di alcuni secoli, per cui è possibile considerarla in una prospettiva storica. Il testo può essere utile anche per chi si occupa di storia della matematica. Ad esempio ci si imbatte in un curioso divieto di studiare la "matematica senza autorizzazione"! Così infatti si trova nel libro IX del Codex, quello riguardante il diritto penale, sotto il titolo De maleficiis et mathematicis et ceteris similibus (CJ.9.18.0), che recita:

(…)

CJ.9.18.2: Imperatores Diocletianus, Maximianus
Artem geometriae discere atque exerceri publice intersit. ars autem mathematica damnabilis interdicta est. * diocl. et maxim. aa. et cc. tiberio. *

(…)

CJ.9.18.5: Imperator Constantius
Nemo haruspicem consulat aut mathematicum, nemo hariolum. augurum et vatum prava confessio conticescat. chaldaei ac magi et ceteri, quos maleficos ob facinorum magnitudinem vulgus appellat, nec ad hanc partem aliquid moliantur. sileat omnibus perpetuo divinandi curiositas. etenim supplicium capitis feret gladio ultore prostratus, quicumque iussis obsequium denegaverit. * constantius a. ad pop. *


(…)

CJ.9.18.7pr.: Imperator Constantius
Etsi excepta tormentis sunt corpora honoribus praeditorum (praeter illa videlicet crimina, quae legibus demonstrantur), etsi homines magi, in quacumque sint parte terrarum, humani generis inimici credendi sunt, tamen quoniam qui in comitatu nostro sunt ipsam pulsant propemodum maiestatem, si quis magus vel magicis contaminibus adsuetus, qui maleficus vulgi consuetudine nuncupatur, aut haruspex aut hariolus aut certe augur vel etiam mathematicus aut narrandis somniis occultans artem aliquam divinandi aut certe aliquid horum simile exercens in comitatu meo vel caesaris fuerit deprehensus, praesidio dignitatis cruciatus et tormenta non fugiat. * constantius a. et c. ad taurum pp. *


Tre imperatori, Diocleziano e Massimiano, che regnarono insieme tra il 286 e il 305, rispettivamente sull’Oriente e l’Occidente dell’Impero, e Costanzo II, sul trono tra il 337 e il 361, sembrano avversare in modo radicale la geometria e la matematica, prevedendo pene severe per coloro che le insegnano o vi si applicano. I matematici sono considerati alla stregua di maghi, aruspici e impostori di ogni risma, proprio nello stesso periodo in cui, ad Alessandria, vedono la luce opere fondamentali come l’Arithmetica di Diofanto (ca. 250) o le Collectiones mathematicae di Pappo (320)! C’è evidentemente qualcosa che non va.

Ciò che non torna è che il significato delle parole cambia con il tempo. In età imperiale, con mathematica si intendevano anche le pratiche divinatorie basate sul calcolo, come la numerologia e l’astrologia, che dovevano aver fatto riscontrare in quei decenni un preoccupante successo, al pari di tutte le discipline magiche citate nei dispositivi imperiali. Non a caso il Codex la proibisce accanto ai maleficiis e altre arti magiche, probabilmente per il proliferare di ciarlatani.

Se per Cicerone il mathematicus è il matematico un po’ come lo intendiamo oggi, già in Seneca e Tacito, come assicura il dizionario di latino Castiglioni–Mariotti, mio fedele compagno da quarant’anni, è attestato il termine mathematicus nel senso di “astrologo”. In Svetonio bisogna tradurre mathematica con “astrologia”. Inoltre, un romanzo didascalico non pervenutoci dell’autore cristiano Marco Minucio Felice (seconda metà II secolo – c. 260), citato da san Girolamo, si intitolava De fato oppure Contra mathematicos, proprio contro le correnti pagane che cercavano di interpretare il destino attraverso il calcolo. Del resto, anche nel 1601, quando Keplero succedette a Tycho Brahe come mathematicus alla corte imperiale di Rodolfo II a Praga, i suoi compiti erano matematici, astronomici, ma anche astrologici.

Gli amici fedeli non tradiscono mai.

Carnevale della Fisica n. 16


Oggi è il giorno del Carnevale della Fisica n. 16, curato e commentato con maestria da Paolo Pascucci (Paopasc) su Questione della Decisione. Sono 23 i blog partecipanti e 50 gli articoli inviati, la maggior parte dei quali fedeli all’affascinante tema proposto, Oscurità e luce. Comincio a pensare che l’edizione italiana della manifestazione abbia oramai poco o punto da invidiare alle analoghe manifestazioni anglosassoni. C’è anche un mio contributo.

sabato 19 febbraio 2011

Di radioattività, modelli atomici e di uno scienziato siciliano

Filippo Re Capriata
I due decenni a cavallo del 1900 furono un periodo fondamentale per la ricerca sulla natura dell’atomo. Che esso fosse dotato di una qualche forma di struttura interna era oramai un fatto che le evidenze sperimentali confermavano ogni giorno di più: restava ancora da trovare come assemblare i pezzi del rompicapo in modo da formare una figura significativa e coerente. In particolar modo bisognava rendere conto di questi fatti:

La presenza degli elettroni. Gli esperimenti intrapresi da J. J. Thomson con i raggi catodici nel 1897 avevano dimostrato definitivamente che gli atomi contenevano “corpuscoli” con carica negativa, che oggi chiamiamo elettroni. Qualsiasi modello atomico avrebbe dovuto includere non solo gli elettroni, ma una quantità uguale di carica positiva in modo da rendere l’atomo elettricamente neutro.

La tavola periodica. Sviluppata nel 1869 da Dimitri I. Mendeleev, la tavola periodica ordinava gli elementi chimici tenendo conto della loro massa crescente e li sistemava in colonne a secondo delle loro proprietà chimiche. Questa struttura regolare suggeriva che gli elementi erano a loro volta costituiti da qualcosa di più piccolo e fondamentale, il cui assetto era necessario conoscere.

La formula di Balmer e di Rydberg. Nel 1814 Joseph von Fraunhofer aveva inventato lo spettroscopio, un apparecchio capace di “analizzare” i colori della luce. Osservando lo spettro della luce solare, egli osservò linee scure isolate che ne interrompevano la continuità in corrispondenza di determinate frequenze. Più tardi si comprese che tali righe nere erano dovute all’assorbimento della luce solare da parte degli atomi. Nel 1885 Johann Balmer aveva determinato una formula empirica che ben si adattava alle righe spettrali dell’idrogeno e, tre anni più tardi, Johannes Rydberg aveva esteso la formula in modo da poterla utilizzare anche per giustificare le righe spettrali di altri elementi. Alla fine dell’Ottocento le due formule erano ancora prive di interpretazione e si sapeva dunque il “come” ma non il “perché”. In ogni caso si sapeva che ogni teoria della struttura atomica avrebbe dovuto spiegarle.

Henri Becquerel
La radioattività – Ultima scoperta in ordine di tempo, consisteva nel fatto che certi atomi pesanti potevano rilasciare un’insolita radiazione di natura precedentemente sconosciuta. Il fenomeno della radioattività era stato scoperto casualmente nel marzo 1896 dal francese Henri Becquerel, che aveva notato che delle lastre fotografiche erano annerite dalla presenza di uranio. Era evidente che l’uranio emetteva una nuova forma di radiazione diversa dai raggi X e da altri tipi di onde dello spettro elettromagnetico che si stavano studiando in quei mesi. Becquerel sapeva infatti che i fenomeni della fluorescenza e della fosforescenza, di cui si stava occupando, presentavano molte somiglianze tra di loro e con i raggi X, ma anche alcune differenze fondamentali. Mentre la fluorescenza e i raggi X si fermavano quando la fonte d’energia, di solito la luce solare o l’elettricità, era rimossa, la fosforescenza continuava a essere presente ancora per qualche tempo. In tutti i tre casi, tuttavia, l’energia derivava da una sorgente esterna. In questo caso, invece, non c’era alcuna causa esterna: le lastre fotografiche erano state messe al riparo dalla luce solare e, assieme ai cristalli di uranio, erano state riposte casualmente insieme al buio in un cassetto. Nonostante ciò, l’uranio aveva prodotto radiazioni che avevano annerito le lastre traendo energia dal proprio interno.

La radiografia della mano
di Anne Roentgen
La prima osservazione di Becquerel non ricevette grande attenzione, perché oscurata dall’interesse suscitato dai raggi X, i “raggi misteriosi”che erano stati scoperti da Wilhelm Conrad Roentgen, il quale nel dicembre precedente era riuscito a ottenere la prima spettacolare immagine delle ossa della mano di sua moglie convogliando un fascio di elettroni in un tubo catodico. Becquerel non diede seguito personalmente a queste prime scoperte, ma lo fecero, nel suo stesso laboratorio, Maria Skłodowska e suo marito, Pierre Curie, che avrebbero dedicato tutta la loro vita allo studio delle proprietà delle sostanze radioattive.

I Curie iniziarono a ricercare altri elementi che presentassero lo stesso comportamento dell’uranio e scoprirono nel 1898 che anche il torio era radioattivo. Marie Curie si accorse che diversi campioni dei minerali di uranio presentavano gradi di diversi di radioattività, intuendo che essi potessero contenere un nuovo elemento radioattivo nascosto all’interno. I due isolarono dapprima un elemento che chiamarono polonio in omaggio alla patria di origine della donna. Finalmente, nel 1902, riuscirono ad isolare piccoli campioni di un nuovo elemento, assai più radioattivo dell’uranio, che chiamarono radio. Questo nuovo elemento catturò l’attenzione della comunità scientifica. Esso era non solo milioni di volte più attivo dell’uranio, ma irraggiava calore mantenendo la sua temperatura anche quando si tentava di raffreddarlo, violando così apparentemente il principio di conservazione dell’energia. Ancor più inattesa era la sua proprietà di indurre una radioattività secondaria nei materiali inerti posti nelle sue vicinanze. Da dove proveniva l’energia rilasciata dal radio se non dal suo interno? E come si conciliavano queste scoperte con le numerose ipotesi che in quegli anni si facevano sulla struttura dell’atomo? Una descrizione completa dell’atomo avrebbe dovuto insomma spiegare perché certi atomi erano radioattivi e certi non lo erano.


I Curie nel loro laboratorio, primi anni del '900

A History of Science - Vol. V
Lo stato dell’arte della ricerca sulla radioattività nei primi anni del nuovo secolo è ben descritto in un’opera coeva di alta divulgazione che è possibile consultare e scaricare online. Si tratta del quinto ed ultimo volume (Aspects of recent science) di A History of Science di Henry Smith Williams, pubblicato nel 1904 da Harpers & Brothers, London and New York. Nel testo il problema del rapporto tra radioattività e struttura dell’atomo viene presentato nel paragrafo omonimo alle pagine 108–112: “Qualunque sia la sorgente dell’energia mostrata dalle sostanze radioattive, si conviene generalmente che la radioattività dei radio–elementi derivi dalla distruzione dei loro atomi. (…) l’evidenza recente sembra indicare che la causa della distruzione degli atomi radioattivi risieda negli atomi stessi. Questa idea concorda con le idee moderne sull’instabilità di certi atomi”.

“Varie ipotesi sono state avanzate per giustificare l’instabilità dell’atomo”. Secondo quella di J.J. Thompson, “l’atomo può essere considerato una massa di particelle cariche positivamente e negativamente, tutte in rapido movimento, tenute in equilibrio dalle loro reciproche forze. Nel caso di una struttura molto complessa di questo tipo, e possibile pensare che certe particelle acquistino sufficiente energia cinetica per essere lanciate fuori dal sistema (…) La causa primaria della disintegrazione dell’atomo può essere dovuta alla radiazione elettromagnetica, che causa una perdita di energia del sistema dell’atomo”. Le interazioni di natura elettrica erano invocate anche da Oliver Lodge, che suggeriva “che l’instabilità dell’atomo può essere il risultato della radiazione di energia dall’atomo stesso. (…) La rapidità della radiazione di energia aumenta rapidamente con la velocità dell’elettrone”. Quando la velocità dell’elettrone diventa vicina a quella della luce, secondo Lodge, il sistema è instabile. “È stato evidenziato che la massa apparente di un elettrone aumenta molto rapidamente man mano che si avvicina la velocità della luce, e diventa teoricamente infinita alla velocità della luce. Ci sarà in questa fase un improvviso aumento della massa dell’atomo rotante e, nell’ipotesi che questa fase sia raggiunta, un conseguente disturbo dell’equilibrio di forze che tiene unito il sistema”. Lodge considerava probabile che in queste condizioni le parti del sistema si rompessero sfuggendo l’una dalla sfera d’influenza dell’altra. “È probabile”, sosteneva anche Ernest Rutherford, “che la causa primaria della disintegrazione dell’atomo debba essere cercata nella perdita di energia del sistema atomico dovuta alla radiazione elettromagnetica”. Il calore emesso dal radio era giustificato dal fatto che “in questo processo di distruzione molte delle particelle sono liberate, ma la maggior parte sembra essere fermata nel suo volo nel radio stesso, così che la loro energia di movimento si manifesta sotto forma di calore. Pertanto, se questa spiegazione è corretta, la temperatura del radio è mantenuta al di sopra di quella delle circostanti sostanze dal bombardamento delle sue stesse particelle”.

Come si vede, le idee sulla natura della radioattività erano ancora confuse e assai approssimative, persino quelle espresse da grandi fisici come quelli citati. D’altro canto era ignota non solo l’energia presente nel nucleo atomico, ma l’esistenza stessa di un nucleo. Le insolite proprietà del radio stupirono la comunità scientifica, inducendo alcuni a sopravvalutarne il potere energetico, che sembrava poter addirittura rivaleggiare con quello del Sole o giustificare la stessa attività energetica della nostra stella.

Così ad esempio ragionava l’astronomo irlandese William Edward Wilson (1851-1908) in una lettera che scrisse a Nature e che fu pubblicata sul numero del 9 luglio 1903 della rivista (vol. 68, p. 222):


William Wilson
Il radio e l’energia solare
La straordinaria scoperta che il radio ha la proprietà di irraggiare continuamente calore senza raffreddarsi alla temperatura degli oggetti circostanti può forse fornire un’indicazione sulla sorgente d’energia nel sole e nelle stelle.
Considerando l’osservazione dei Curie che un grammo di radio può fornire 100 calorie per ora, ho pensato che sarebbe stato interessante calcolare quanto radio basterebbe per fornire l’energia in uscita dal sole.
Considerando dalle osservazioni di Langley che questa è uguale a 828 milioni di calorie per centimetro quadrato per ora, ho calcolato che 3,6 grammi di radio per metro cubo del volume del sole potrebbero fornire l’intero output.
Potrebbe essere possibile che, alla temperatura del sole, il radio sia capace di una radiazione ancor più energetica e, se così, i 3,6 grammi si ridurrebbero a una quantità molto inferiore.

I semplici calcoli di Wilson erano basati sull’idea completamente errata che l’energia del sole derivasse dal radio. Ma quest’idea costituiva un passo nella giusta direzione, perché l’energia del sole è collegata al fenomeno della radioattività. Naturalmente i concetti di fissione e fusione nucleare erano ancora lontani dall’essere scoperti, ma Wilson fu il primo a mettere in relazione il fenomeno recentemente scoperto con la straordinaria fonte dell’energia irradiata dal sole e dalle altre stelle. La scienza funziona anche così: una spiegazione del tutto sbagliata può essere il primo passo nel cammino verso quella corretta.

Il volume con l'articolo di Filippo Re Capriata
Di radioattività e piccoli soli si occupò anche un oscuro scienziato siciliano, che meriterebbe maggiore considerazione di quella ricevuta finora. Si tratta di Filippo Re Capriata, nato a Licata nel 1867 e morto a soli quarantuno anni durante il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908. Re Capriata era giunto a Messina nel 1901 come insegnante di fisica nella scuola tecnica della città, ma si era meritato con i suoi studi in vari campi la cattedra nella locale università. Nel 1903 aveva anticipato in qualche modo la televisione, come risulterebbe dalla lettera da lui inviata alla rivista parigina L´eclairage électrique, nella quale spiegava come fosse riuscito con un apparecchio che sfruttava le proprietà del selenio a trasmettere immagini a distanza.

Sempre nel 1903, Re Capriata pubblicò sui Comptes rendus des séances de l’Académie des Sciences (Tomo 136, gennaio-giugno 1903, pp. 1893-1895) un articolo che era stato presentato da Henri Becquerel nella seduta di tale consesso dell’8 giugno. L’articolo si intitolava Hypothèse sur la nature des corps radioactifs e qui ne presento il testo in traduzione italiana :

RADIOATTIVITA’.Ipotesi sulla natura dei corpi radioattivi.
Nota del sig. Filippo Re, presentata da M. H. Becquerel
Seduta dell’8 giugno 1903

Numerosi fatti portano ad ammettere che gli atomi non sono formati da materia continua, ma da particelle della stessa natura o di natura diversa. L’esistenza dei corpi radioattivi conferma questa ipotesi, in quanto non si potrebbero concepire degli atomi rigidi che danno luogo ai complessi fenomeni della radioattività.

Stando così le cose, sembra naturale supporre che queste particelle costitutive degli atomi siano state in precedenza libere, e che esse abbiano costituito una nebulosa di estrema sottigliezza; che, in seguito, esse si sono riunite intorno a dei centri di condensazione, dando origine a dei soli infinitamente piccoli che, per un processo di ulteriore contrazione, hanno preso forme stabili e definitive, che sarebbero gli atomi degli elementi che conosciamo e che possiamo paragonare a dei piccoli soli estinti. I soli più grandi, che non si sono estinti, costituirebbero gli atomi dei corpi radioattivi.

Questa ipotesi, il cui grado di legittimità non è inferiore a quello che riguarda l’ipotesi della formazione dei mondi, consente di spiegare:
1° Perché i corpi radioattivi possiedono un peso atomico molto elevato;
2° Perché liberano dell’energia, che sarebbe dovuta alla contrazione dei loro atomi.

D’altra parte molti dei fenomeni che essi presentano non sono molto diversi da quelli manifestati dal sole, così come per i raggi luminosi, calorifici, attinici, e la scarica dei corpi elettrizzati. Per ciò che riguarda la radioattività indotta, numerose osservazioni provano che l’aria, la pioggia e la neve, cadute da poco, sono radioattive; non sembra improbabile che la loro radioattività sia dovuta all’azione della luce solare.

Non si può dire nulla sull’influenza esercitata dai campi magnetici. In effetti, essa è diversa da quella esercitata sui raggi solari, ma bisogna notare che le condizioni d’osservazione sono assai differenti: nel primo caso, il campo circonda il corpo radioattivo nelle sue immediate vicinanze; nel secondo, è ben lontano dalla sorgente. Pertanto si pensa che i corpi radioattivi debbano modificare lo stato magnetico, come si è osservata la variazione del magnetismo terrestre provocata dal sole.

Si potrebbe obiettare che, se le cosse così fossero, la radioattività dovrebbe scomparire quando si sono sottoposti i corpi radioattivi a delle temperature assai basse, come quella dell’aria liquida; mentre essa si mostra invariata. Ma l’obiezione non ha più valore di quello che si otterrebbe dicendo che l’energia liberata dal sole dovrebbe diminuire in modo apprezzabile e persino scomparire nel giro di pochi anni, poiché essa è circondata dal freddo spazio siderale. Ciò sarebbe avvenuto già da lungo tempo, se il sole fosse stato un corpo che bruciava.

Infine, questo fatto che dei piccoli quantitativi di radio liberano delle rimarchevoli quantità d’energia non ci deve sorprendere. In effetti, pensiamo che, per i potenti mezzi di disgregazione che possediamo, non siamo ancora giunti a separare gli elementi costitutivi degli atomi: così bisogna considerare che l’energia, liberata nella loro formazione, deve essere stata di un ordine di grandezza più elevato di quelle che si osservano quando la contrazione è dovuta a forze gravitazionali, molecolari o atomiche. Gli atomi dei corpi radioattivi, non avendo ancora acquistato la loro definitiva struttura ed essendo al contrario nello stato di formazione, devono dunque emettere grandi quantità d’energia.


Re Capriata sviluppa il suo ragionamento osservando come la radioattività suggerisca che gli atomi siano costituiti da parti più piccole di ignota natura. Il protone e il neutrone erano ancora sconosciuti, ma il fatto che gli atomi potessero frantumarsi suggeriva la loro natura composita. Se le particelle che costituiscono gli atomi sono soggette a fenomeni, come la radioattività, che tendono ad allontanarle, deve essere esistita una forza attrattiva che all’inizio le ha riunite assieme. Qui l’ipotesi di Re Capriata è ardita: gli atomi deriverebbero dalla coalescenza di una nube primordiale allo stesso modo delle stelle. Questo processo, di durata assai lunga, genera energia man mano che le particelle si riuniscono negli atomi. Lo scienziato siciliano pensa che gli atomi radioattivi siano quegli atomi nei quali il processo di contrazione sia ancora in corso, mentre quelli privi di attività avrebbero già completato il processo, e si sarebbero, pertanto, spenti, come tanti piccoli soli alla fine della loro esistenza. Gli atomi radioattivi di Capriata sono i più grandi perché ancora non hanno liberato l’energia in eccesso. Che egli avesse intuito che la massa si può trasformare in energia? In ogni caso, egli propone l’idea, poi rivelatasi corretta, che gli atomi radioattivi liberano energia a causa della loro instabilità. E scusate se è poco.

lunedì 14 febbraio 2011

Carnevale della Matematica n. 34. Una recensione


Sontuoso allestimento del Carnevale della Matematica, diretto e interpretato da Peppe Liberti su Rangle. Grande successo di pubblico, che ha affollato i botteghini sin dalle prime ore della mattinata, e di critica, che segnala l’alto livello degli artisti protagonisti e della loro interpretazione. L’Opera, giunta alla sua trentaquattresima edizione, invece di perdere vigore con il tempo, acquista sempre nuovi significati e si conferma come assolutamente attuale e innovativa. Da segnalare l’assoluta qualità della ouverture letteraria dell’ospite, la cui varietà di temi si snoda senza mai far trasparire tracce di discontinuità, senza mai lasciare il posto a dissonanze fuori luogo, e il rondò finale della compilation musicale sulla Realtà di Chartitalia, in cui ogni tema emerge dalla partitura per poi calare e lasciare nuovamente spazio al motivo principale, chiudendo in modo aperto e luminoso una delle edizioni più ricche della manifestazione.



mercoledì 9 febbraio 2011

Sviluppo psicomotorio della primissima infanzia di un capo

Una surreale cronaca dei primi tre anni di sviluppo di un bambino destinato a diventare presidente del consiglio. La scrisse nel 1976 Nelo Risi, con il suo consueto stile diretto e anti–metaforico, caratterizzato da un fortissimo impegno civile. Era ispirata dagli uomini di potere democristiani dell’epoca, dei quali immaginò la precoce maturazione di caratteri e difetti nei primi mesi di vita.

Letta a 35 anni di distanza, la poesia mi sembra, anche per certi spunti anticipatori, dedicata tout court al potere in Italia, potendo essere accostata alle biografie non solo dei politici successivi di primo piano fino a ieri (prima della tragicomica eccezionalità di chi è venuto dopo), ma anche degli uomini dei poteri forti, dall’industria alla finanza, sempre legati al potere più forte ed occulto per eccellenza nel nostro paese: il Vaticano.

Dentro

È con l'acqua alla gola
Non ci vede chiaro
Vive da parassita
Fa il morto
È attaccato alla madre
Non è affatto sicuro del padre
Tira calci
Bussa e preme per uscire
Teme di sbagliare buco
Esce di podice
Nasce settimino

1° mese

Si comporta come un pesce fuor d'acqua
Non si sente un neonato come tutti gli altri
Coricato sul ventre compie movimenti striscianti
Messo comodo in posizione seduta ci sta
Risparmia il fiato
Ha lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia
Non serra le manine a pugno ma le congiunge
Reagisce al suono del campanello presidenziale
Se gli si porge l'anello tenta d'infilarselo al dito
Non tollera chi gli fa ombra
Emette lievi starnuti forse perché sensibilissimo alle correnti
Apre gli occhi quando paventa di essere spiato
Chiude gli occhi quando il papa bacia la mamma
Segue attentamente con gli occhi i preparativi della poppata
Ha una suzione esagerata in rapporto alla tenerissima età

3° mese

Si espone a frequenti cadute
Messo con le spalle al muro strilla
L’appiombo del quadrupede gli è più che naturale
Afferra il lenzuolo e lo tira a sé
Se gli si offre un dito s'impossessa della mano
Reagisce con un movimento mimico (smorfia) al colore rosso
Quando gli si porge la ciambella controlla se ha il buco
Deglutisce con facilità le offese
Rigetta i consigli
Ha sete di dominio
Gioca con il suo sesso (ignora altri svaghi)
Ritiene l'orina perché cosa sua
Sorride alla madre
Non riconosce il fratello
Ha sempre lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia

6° mese

Mette i denti tutti in una volta
Morde con gusto
Si arrampica con disinvoltura
Ritiene le feci perché cosa sua
Ragiona coi piedi tanto per tenerli in esercizio
Reagisce al bisbiglio col bisbiglio
Sorride allo specchio
Ha sempre lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia
Se gli si offre un bastoncino lo butta via
Se gli si offrono due bastoncini li mette in croce
Afferra la ciambella e fa il gesto d'incoronarsi
S'impossessa del campanello e lo agita a lungo
Sorretto sotto le ascelle compie dei movimenti di marcia
Insiste nel non riconoscere il fratello

9° mese

Reagisce violentemente al rosso
Quando vuole qualcosa agita il campanello
Afferra un cubo e si siede sopra
Fa il burattino
Ripete atti che hanno provocato il riso
Se qualcuno gli ride in faccia si rabbuia
Più che prestare ascolto origlia
Diffida degli estranei
Ha sempre lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia
Trattiene il respiro perché cosa sua e rischia una sincope
Quando lo pesano non si sbilancia mai
Pronuncia per la prima volta la parola "pa-pa" ed è beato
Accarezza l'immagine riflessa nello specchio dopo essersi accertato che è proprio sua


12° mese

Afferra due cubi che mette uno sull'altro e si siede sopra
In piedi non si abbassa per raccogliere un ninnolo
In piedi si abbassa per raccogliere un ninnolo d'argento
A un ordine risponde con un contrordine
Comincia uno scarabocchio che potrebbe essere una firma
Offre una cosa solo se riceve due cose in cambio
Si aiuta coi piedini per afferrare più cose
Bagna il letto per dare alla madre un lavoro supplementare
Ripete atti che provocano costernazione
Se gli si suggerisce la parola "papà" correttamente accentata scuote la testa e pronuncia con fermezza "papa"
Volta le pagine di un libro e salta le figure
Gioca con le parole
Le favole non lo incantano
Si lascia lavare solo con l'acqua santa
Ha sempre lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia

18° mese

Considera il sonno una perdita di tempo
Si vergogna di non avere ancora due anni
Sta in equilibrio sui due piedi
Se qualcuno abbassa la voce reagisce parlandogli all'orecchio
Se qualcuno alza la voce reagisce alzando ancor più la voce
Ha facilità per i numeri con molti zeri
Non sopporta che lo si interrompa
Per la prima volta associa due parole: alla parola "sedia" associa immediatamente "poltrona"
Alla parola-stimolo "libertà" reagisce con la parola "obbedienza"
Alla parola "fratello" ha una reazione esagerata ma non risponde
Diffida anche dei parenti
Non fa più il burattino
Prova una capriola e gli riesce così bene che la ripete
Conosce i primi verbi d’azione
Ruba non visto
Ci riprova è scoperto e restituisce di buona grazia il maltolto
Ruba solo quando è sicuro di non essere colto sul fatto
Ha sempre lo sguardo fisso sul ritratto di famiglia

24° mese

Compie gli anni e si fa gli auguri
Mangia la torta e conserva le candeline
Suona la tromba avuta in regalo e chiama in Giudizio
Si ammala di meningite ma non sembra risentirne
Bacia la pantofola
Si sente un po' messia
A domanda risponde che da grande vuole fare l'eminenza
Nega alla mamma una scatola di baci
Quando non si crede osservato si masturba
Non chiede di meglio
Incorre in una singolare inversione nell'apprendimento delle prime lettere dell'alfabeto: invece di "A...B...C...D..." dice "A... B...D...C..."
Sa stare con il piede in due scarpe
Sale le scale e non vuole più scendere
Si avvicina al ritratto di famiglia e lo distrugge
Tra due uscite sceglie quella di sicurezza
Di notte ha paura di scoprirsi troppo

30°'mese

Ha paura del peccato perché originale
Impara presto la lezione
Rifiuta la fetta di torta
Si taglia una fetta di realtà
Messo alle strette si confessa
Messo di fronte a un ablativo è assoluto
Di domenica chiede un'ostia
Assiste al primo funerale e ha parole appropriate per il defunto Resuscita una lingua morta
Porta il lutto per un cadavere vivente
Schiaccia una mosca e ci prova gusto
Da del lei a chi gli si rivolge col tu per esigere il lei
Non tollera che lo si schiaffeggi su una guancia
A domanda risponde che da grande vuole fare l'eccellenza (crisi mistica superata)

36° mese

Di domenica chiede ostriche
Quando è con la madre parla di matrimonio
Quando è col padre parla di patrimonio
Scrive la prima lettera di raccomandazione
Colleziona indirizzi segreti
Riconosce nella censura una funzione permanente e la applica anche ai sogni
Osservante in religione rispetta la siesta
Porta la manina davanti alla bocca quando sputa sentenze
Uccide simbolicamente il fratello
Alla fine giustifica il mezzo
Non sopporta che lo si tratti da minorenne
In vacanza al mare nasconde la testa sotto la sabbia
Mette due fiumi nello stesso letto e li sta a guardare
Incontra la fiducia e vorrebbe possederla
Scopre il nudo e si copre di rossore
Mette il pene in fallo e scivola col piede in vagina
Esce per la prima volta tutto solo e si dirige verso il Quirinale
Non sa ancora se sarà eletto per elezione o eletto per vocazione
Si fa fare l'oroscopo

(da Poesia degli anni Settanta. Antologia a cura di Antonio Porta. Prefazione di Enzo Siciliano, Feltrinelli, Milano, 1979)

domenica 6 febbraio 2011

Rangle: Il logaritmo di un verso

Rangle: Il logaritmo di un verso: "Quando ho aperto questo blog, senza avere alcuna idea di cosa fosse un blog, che l'unica forma di condivisione di contenuti che praticavo er..."


Peppe Liberti mi ha preceduto. Per non fare Cicero pro domo sua, come qualcuno ha scherzosamente detto su Facebook, lascio a un amico il compito di fare pubblicità alla mia prossima uscita editoriale. Grazie, Peppe!

giovedì 3 febbraio 2011

"Science meets Poetry", un incontro fecondo

Su stimolo di Jean-Patrick Connerade, ex-presidente di Euroscience e poeta con lo pseudonimo di Chaunes, l’ESOF 2008 di Barcellona ha visto l’iniziativa Science meets Poetry, che si è concretizzata in un volume di 136 pagine, che raccoglie non solo tutto quanto è stato detto o letto nella giornata dedicata al tema, il 19 luglio 2008, ma testimonia anche il lungo lavoro di preparazione. I contributi sono giunti da tre continenti e una dozzina di nazioni, a dimostrazione che la poesia scientifica è tutt’altro che un genere minoritario e coinvolge artisti interessati alla scienza in quanto manifestazione dell’essere umano e scienziati che, come Connerade, trovano nella poesia il modo di esprimere quel qualcosa che va oltre la loro normale attività di ricerca e comunicazione. Scrive infatti Connerade che “è (…) evidente che la Scienza e la Poesia debbano stabilire un dialogo, che non è un mero incontro occasionale. Piuttosto, è uno scambio permanente di idee e punti di vista, un’esplorazione comune, i cui benefici dovrebbero arricchire tutti. Nell’unire queste due ricerche apparentemente diverse, vogliamo dimostrare l’unità della cultura. Niente potrebbe essere più dannoso al progresso umano che incasellare tutte le aree del pensiero umano in compartimenti stagni. Questo è, forse, l’aspetto maggiormente costruttivo dell’apertura: il riconoscimento che tutto ciò che facciamo è parte di un tutto e che comprendere un quadro più vasto è indispensabile anche allo specialista, a chi si occupa dei particolari”.

L’obiettivo dell’iniziativa in questione, come di altre simili, è di realizzare quanto scrive Gaston Bachelard nella frase posta in esergo al volume: “Tout ce que peut espérer la philosophie, c'est de rendre la poésie et la science complémentaires, de les unir comme deux contraires bien faits.” [Tutto quanto può desiderare la filosofia è di rendere complementari la poesia e le scienze, di unirle come due contrari perfettamente simmetrici]. Una sola, triste, nota voglio aggiungere a questa presentazione: la mancanza di opere in italiano. L’unica italiana che compare nel volume, la biologa e poetessa bolognese Carla Gavioli, è presente con un’opera scritta in francese. Presento qui di seguito alcune delle opere che mi sono piaciute di più, precedute da una sintetica biografia dell’autore/autrice.

***

Roald Hoffmann è nato in Polonia. Vive negli Stati Uniti, dove insegna alla Cornell University. Ha vinto nel 1981 il premio Nobel per la Chimica per i suoi studi sui meccanismi delle reazioni. È anche uno scrittore affermato e più volte premiato di poesie, saggi divulgativi e opere teatrali. La poesia è dedicata alla poetessa e scienziata messicana Suor Juana Inés de la Cruz.

Corral II

In 1655 Juana Inés de Asbaje begged
her mother to dress her as a boy, so
that she could study at the University

of Mexico. At the court of the viceroy
she astounded forty professors with her
mathematics and Latin odes. But it was not

a time for learned women in Mexico, so
Juana entered the convent of San Jeronimo;
within, watched two girls spinning a top, and

from what she called her black inclination
for wisdom, had flour sprinkled, so that as
the top danced out its loss of momentum

one might see its spiral trace, and not
a circle. Juana mixed earths, and in a library
of 4000 volumes wrote theology and love

poems. Sor Juana Inés de la Cruz, shutting
herself in the cell where knowing is permitted.

Corral II

Nel 1665 Juana Inés de Asbaje pregò
sua madre di vestirla come un ragazzo, così
che potesse studiare all’Università

del Messico. Alla corte del viceré
stupì quaranta professori con le sue
odi latine e matematiche. Ma non era

tempo per le donne istruite in Messico, così
Juana entrò nel convento di San Jeronimo;
all’interno, osservò due fanciulle che facevano girare una trottola, e,

da ciò che chiamò la sua oscura inclinazione
per la saggezza, sparse della farina, così che,
quando la trottola danzava la sua perdita di momento,

si poteva vedere la sua traccia spiralata, e non
un cerchio. Juana mescolò terre, e in una biblioteca
di 4000 volumi, scrisse poemi di teologia

e d’amore. Suor Juana Inés de la Cruz, che si chiuse
nella cella dove il sapere era consentito.

***

Chaunes, alias Jean-Patrick Connerade, è professore di fisica all’Imperial College di Londra. Come poeta ha pubblicato diverse raccolte. La sua attività letteraria gli è valsa numerosi riconoscimenti. Come uomo di scienza è autore di un una monografia scientifica intitolata Highly Excited Atoms, tradotta in tutto il mondo. Connerade è una delle “anime” dell’ESOF e della collaborazione europea e internazionale tra le istituzioni scientifiche. L’Orologiaio della poesia è il Dio della concezione meccanicista.

Albert et Niels ou «Dieu ne joue pas aux dés»

Albert et Niels en devisant
du petit et parfois du grand
ont tout changé de notre monde.

Le temps n’est plus ce qu’il était
ni le ciron qui sommeillait
dans l’abîme des fins profondes.

Il n’y a plus d’immatériel
ni sur terre ni dans le ciel.
Même le vide est plein de choses.

Le hasard s’est moqué d’Albert.
Dans son espace est un cancer
dont nul ne sait cerner la cause

Niels a nié l’oeuvre de Dieu
avec des arguments spécieux
qui n’avaient cours qu’à Copenhague

Albert voulant tout réformer
par ses trous noirs a transformé
notre univers en terrain vague

Ils nous laissent les pots cassés
et le réel à ramasser
dont l’Horloger ne voulait plus

Est-ce raison ? Est-ce hasard ?
Disparaîtrons-nous tôt ou tard
sans que ce point soit résolu.

Albert e Niels o « Dio non gioca a dadi »

Albert e Niels discorrendo
del piccolo e talvolta del grande
hanno cambiato tutto del nostro mondo.

Il tempo non è più quello che era stato,
né [lo è] l’acaro che dormiva
nel più profondo degli abissi.

Non c’è più nulla d’immateriale
né sulla terra né nel cielo.
Anche il vuoto è pieno di cose.

Il caso s’è preso gioco di Albert.
Nel suo spazio è un cancro
di cui non si sa individuare la causa.

Niels ha negato l’opera di Dio
con argomenti speciosi
che avevano corso a Copenaghen.

Albert, volendo tutto riformare,
con i suoi buchi neri ha trasformato
il nostro universo in terreno vago.

Ci hanno lasciato i vasi rotti
e il reale da scopare via
che l’Orologiaio non voleva più.

È ragione? È caso?
Spariremo, presto o tardi,
senza che questo quesito sia risolto.

***

Alla (Valeria) Mikhalevich, biologa, protozoologa e micropalentologa russa, autrice di importanti monografie scientifiche sui Foraminiferi, è nota sia come poetessa sia come traduttrice di poesia, con al suo attivo cinque raccolte proprie e tre libri di traduzioni. In questa poesia sono presenti echi del clinamen lucreziano, l’impercettibile spostamento nel movimento di caduta degli atomi che provocherebbe la loro differenza e diversa evoluzione. Ho tradotto questi versi dalla versione inglese di Marcus Wheeler.

фотосинтез

Простая решетка кристалла,
простая решетка стиха –
и все как алмаз заиграло,
как перья в хвосте петуха.

А сколько в пространстве решетки
вмещается атомов-слов!
Все грани прозрачны и четки
от правильных жестких углов.

Все правила, в общем, не новы,
и новых, наверное, нет.
Как будет поставлено слово,
так ляжет отброшенный свет.

Но в каждой такой разработке
есть самый ответственный миг:
и в правильной жесткой решетке
возможен неправильный сдвиг.

В кристаллах живых карбонатов
немного неправильный скол,
на этой границе когда-то
и весь фотосинтез пошел.

Зато в образцах кремнезема
совсем идеальный кристалл, –
и жизнь потекла по-другому –
процесс развиваться не стал.

Fotosintesi

Il semplice reticolo del cristallo,
il semplice reticolo del verso –
e tutto luccica come un brillante,
come penne nella coda del gallo.

E quante delle parole e degli atomi
si sistemano nello spazio di un reticolo!
Tutti i piani sono trasparenti e distinti
tra i loro angoli retti e precisi.

Tutte le regole non sono nuove nell’insieme,
e forse non ne esistono di nuove.
Come le parole sono sistemate in un verso –
così la loro luce è liberata.

Ma in ciascuna di tali elaborazioni
un istante è il più importante:
anche nel reticolo netto e preciso
ci può essere uno spostamento irregolare.

Così nei cristalli di carbonato
c’è un qualche frammento irregolare,
e proprio sulla superficie più ampia di questo frammento
iniziò la prima fotosintesi.

Mentre nei campioni di silice
il cristallo ha una forma ideale,
e il processo della vita non si sviluppò –
e la vita scelse un altro cammino.

***

Anne Talvaz è una traduttrice nata in Belgio da padre francese e madre inglese. All’epoca dell’ESOF 2008 viveva in Cina, ma si è poi trasferita in Brasile. Ha pubblicato due raccolte di versi e ha tradotto molti poeti dallo spagnolo e dall’inglese in francese e dal francese all’inglese.

L'univers pour les nuls

J'ai appris qu'on peut décrire avec précision l'univers
jusqu'à une distance de 4,73 x 1026 m
qu'après, il devient primordial, c'est-à-dire sujet
aux théories et aux éclats (faire preuve de courtoisie afin d'éviter
les big bangs superfétatoires).

J'ai appris qu'une astrophysicienne peut envoyer la vérité au diable
lorsqu'elle écrit une ode au soleil
tandis que la poète ignare et dans sa grande stupeur
ne peut que contre-vérifier les faits

Je n'ai pas appris ce qu'un homme de science
va chercher lorsque tard dans la nuit
il entend vrombir en lui le poème
comme un trou noir qui lui serait propre

Je ne sais toujours pas pourquoi au nom du ciel
je pourrais ressentir l'obligation de commettre (encore)
un poème sur les étoiles.


L’universo per gli sciocchi

Ho imparato che si può descrivere con precisione l’universo
fino a una distanza di 4,73 x 1026 m,
che poi, esso diviene primordiale, cioè soggetto
alle teorie e agli scontri (fare prova di
cortesia per evitare
i big bang superflui).

Ho imparato che un’astrofisica può mandare
al diavolo la verità
quando scrive un’ode al sole,
mentre la poetessa ignara e con grande stupore
può solo contro–verificare i fatti.

Non ho imparato ciò che un uomo di scienza
va cercando quando a notte tarda
sente ronzare in sé la poesia
come un buco nero che gli sarebbe adatto.

Non so mai perché in nome del cielo
potrei sentire l’obbligo di perpetrare
(ancora)
una poesia sulle stelle.

***

Assumpció Forcada è una poetessa che scrive nella bellissima e musicale lingua catalana e insegna biologia a Barcellona. Si accompagna con la chitarra durante la recita delle sue poesie, tradotte in numerose lingue, che presentano quasi sempre collegamenti con le scienze della vita. In Virus l’amore è paragonato all’azione dei microrganismi che modificano l’informazione genetica nelle cellule infette.

Virus

Virus d’amor que has passat
tots els filtres,
que t’integres al missatge
de les cèl·lules més intimes.
Has canviat totalment
el calendari dels dies;
ara, tot gira entorn del teu cicle.
Quan ets lluny,
en fase d’eclipsi,
somnis i realitat et multipliquen
donant-me joia i angoixa,
vida i mort, al mateix temps.

Virus

Virus d’amore, che hai passato
Tutti i filtri,
che ti insinui nel messaggio
delle mie cellule più intime.
Hai cambiato totalmente
Il calendario dei [miei] giorni;
ora, tutto gira intorno al tuo ciclo.
Quando sei lontano,
in fase d’eclissi,
i sogni e la realtà ti moltiplicano
dandomi gioia e angoscia,
vita e morte, tutto in una volta.

***