mercoledì 18 luglio 2012

Crittografia e trigonometria nello Scarabeo d’oro di Poe


ResearchBlogging.orgCome ho riportato nella prima parte, dopo il successo dei suoi articoli sulla crittografia e la pubblicazione di un piccolo saggio sullo stesso argomento, Edgar Allan Poe decise di scrivere un racconto che contenesse un messaggio segreto e la sua decifrazione. Nel 1843 uscì Lo scarabeo d’oro (The gold bug), che ebbe subito un grande riscontro di pubblico e viene considerato come un classico esempio della scrittura dell’autore americano.

La storia, per chi non la conoscesse, si può sintetizzare come una caccia al tesoro sulla base di un messaggio cifrato. Il personaggio principale della storia è William Legrand, un uomo che vive in solitudine sull’isola di Sullivan, presso Charleston, nella Carolina del Sud. Provato da una serie di disgrazie e impoverito, Legrand, dal carattere misantropico e facile all’alternarsi di entusiasmi e depressioni, ha deciso di separasi dal mondo, accettando la compagnia del solo Jupiter, un ex schiavo liberato dalla sua famiglia e rimasto ad accudirlo per fedeltà e riconoscenza. Un giorno Legrand trova uno scarabeo di color oro brillante, ma lo presta a un militare. Quando il suo amico, il narratore della vicenda, lo va a trovare nella sua capanna la sera stessa, Legrand gli racconta del ritrovamento e disegna su un pezzo di carta l’aspetto dello straordinario insetto, ma l’amico non vede altro che un teschio. 


Per una serie di circostanze fortuite, Legrand scopre che il foglio, trovato nella sabbia da Jupiter e usato per avvolgere lo scarabeo, non è di carta, ma di pergamena. Esso contiene un messaggio cifrato scritto con l’inchiostro simpatico. Riscaldato leggermente, mostra questo aspetto: 



Circa un mese più tardi, Legrand manda Jupiter dall’amico, per recapitargli una lettera nella quale gli chiede di raggiungerlo immediatamente. Ne segue una spedizione notturna dei tre sulla terraferma, sulla quale tornerò più tardi, che porta alla scoperta del tesoro di Capitan Kidd, impiccato per omicidio e pirateria a Londra nel 1701, che una leggenda voleva avesse sepolto un tesoro sulla costa atlantica degli Stati Uniti. 


Tornati alla baracca di Legrand, questi spiega all’amico le circostanze del ritrovamento del messaggio e come era riuscito a decifrarlo e comprendere che esso forniva le indicazioni per localizzare il tesoro sepolto. Il teschio in alto a sinistra, simbolo della pirateria, costituisce una specie di sigillo, mentre il capretto è una specie di firma-rebus o geroglifica: kid, capretto; Kidd, il nome del pirata. Il testo tra i due simboli, comparso avvicinando la pergamena al fuoco, ha rivelato il suo segreto. Ascoltiamo le parole del protagonista: 


(…) «La soluzione non è per nulla difficile come la prima, frettolosa occhiata a questi segni potrebbe indurvi a credere. Questi segni, come ognuno può facilmente arguire, costituiscono un crittogramma: vale a dire, hanno un senso (…) e dubito che l'ingegnosità umana possa costruire un enigma che l'ingegnosità umana, applicandosi a fondo, non possa risolvere». (…) 

«Nel caso in questione, anzi, in tutti i casi di scrittura segreta, il primo problema riguarda la lingua del cifrato, poiché i criteri della soluzione, specie per quanto riguarda le cifre più semplici, dipendono dal genio del particolare idioma e variano a seconda di esso. (…) Ma, per quanto riguarda il nostro cifrato, la firma risolve ogni difficoltà. Il gioco di parole basato su Kidd non ha senso in nessuna lingua, tranne l'inglese». (…)

«Come potete osservare, non ci sono divisioni tra parola e parola. Se ce ne fossero state, il compito sarebbe stato relativamente facile. In tal caso, avrei cominciato con il confronto e l'analisi delle parole più brevi e, se fosse capitata una parola di una sola lettera, come è più che probabile (a o I, per esempio), avrei considerato la soluzione come certa. Ma, mancando una divisione, mio primo passo fu di accertare quali lettere ricorressero con maggiore frequenza e quali con minore frequenza. Fatti i conti, compilai la seguente tabella:

     Il carattere 8 ricorre 33 volte
»      »        ;     »      26   » 
»      »       4     »      19   » 
»      »       ‡     »      16   »   
»      »       )     »      16   » 
»      »      *     »      13   » 
»      »      5     »      12   » 
»      »      6     »      11   »
»      »      †     »       8   » 
»     »       1     »       8   » 
»     »       0     »       6   » 
»     »       9     »       5   » 
»     »       2     »       5   » 
»     »       :      »       4   » 
»     »       3     »       4   » 
»     »     3”     »       4   » 
»     »      ?      »       3   »
»     »      q     »        2   »
»     »      -      »       1   »
»     »      .      »       1   » 


«Ora, in inglese la lettera che ricorre più frequentemente è la e. Seguono nell'ordine a o i d h n r s t u y c f g l m w b k p q x z. In ogni caso, la e predomina a tal punto, che è raro trovare una frase, di qualsiasi lunghezza, in cui essa non sia la lettera più frequente». 


(…) «Poiché il segno predominante è 8, presupporremo, tanto per cominciare, che corrisponda alla e dell'alfabeto. Per verificare tale presupposto, vediamo se 8 si trova spesso in coppia, giacché in inglese le coppie di e sono assai frequenti, come per esempio nelle parole meet, fleet, speed, seen, been, agree ecc. In questo caso, lo ritroviamo raddoppiato ben cinque volte, sebbene il crittogramma sia breve». 


«Prendiamo dunque 8 come e. Ora, fra tutte le parole della lingua inglese, l'articolo the è la più frequente; vediamo perciò se non si presenti la ripetizione di tre caratteri, nello stesso ordine, l'ultimo dei quali sia 8. Se scopriamo tali ripetizioni, così ordinate, molto probabilmente rappresentano la parola the. Ora, se esaminiamo il cifrato, troviamo non meno di sette volte la serie ;48. Pertanto possiamo supporre che il segno ; rappresenti la lettera t, 4 la lettera h, e 8 la lettera e. Conferma, quest'ultima, della nostra ipotesi: e con ciò abbiamo fatto un gran passo avanti». 


«Ma avendo stabilito una parola, siamo in grado di stabilire un punto di estrema importanza: vale a dire, la fine e l'inizio di parecchie altre parole. Prendiamo, ad esempio, il penultimo caso in cui si presenta la serie ;48, non lontano dalla fine del testo. Noi sappiamo che il segno ; che segue immediatamente è l'inizio di una parola, e dei sei segni che seguono questo ;48 ne conosciamo cinque. Trascriviamo questi segni così, con le lettere che sappiamo li rappresentano, lasciando uno spazio vuoto per la lettera incognita: 
t eeth. 
Qui possiamo scartare subito il th che non fa parte della parola che incomincia con la prima t; giacché, provando con tutto l'alfabeto alla ricerca di una lettera che possa colmare la lacuna, ci accorgiamo che è impossibile comporre una parola di cui questo th faccia parte. Dovremo dunque limitarci a: 
t ee
e, ripassando l'alfabeto, se necessario, come già abbiamo fatto, arriviamo alla parola tree ("albero") come unica versione possibile. In tal modo otteniamo un'altra lettera, r, rappresentata da più due parole giustapposte: the tree». 


«Se guardiamo un po' più avanti, dopo queste parole, ritroviamo la combinazione ;48, che usiamo come terminazione di quanto immediatamente precede. Ne risulta, in quest'ordine: 
the tree;4(‡?34 the 
o, sostituendo le lettere rispettive quando esse ci siano note:
the tree thr...‡? 3h the


«Ora, se al posto dei segni che non conosciamo, lasciamo degli spazi vuoti, o mettiamo dei puntini, leggiamo: 
the tree thr... h the
da cui risulta evidente la parola through ("attraverso"). Ma questa scoperta ci fornisce tre nuove lettere: o, u, e g, rappresentate da ‡, ?, e 3».   

«Se ora esaminiamo attentamente il testo, in cerca di combinazioni di segni già noti, troviamo, non molto dopo l'inizio, questa serie: 
83(88, cioè egree, 
che è, ovviamente, la terminazione della parola degree ("grado") e che ci dà un'altra lettera, d, rappresentata da t». 


«Quattro lettere dopo la parola degree, troviamo la serie 
;46(;88
Traducendo i segni noti, e rappresentando i segni ignoti con puntini, come in precedenza, leggiamo: 
th. rtee., 
serie che immediatamente ci suggerisce la parola thirteen ("tredici") e che ci fornisce altre due lettere, i e n, rappresentate da 6 e da *».  


«Riportandoci ora all'inizio del crittogramma, troviamo la combinazione 
53 ‡‡† 
Traducendo come prima, otteniamo good ("buono"), che ci dà la certezza che la prima lettera è a, e che le due prime parole sono A good ("Un buon")». 


«Ad evitare confusioni, dobbiamo ora disporre per ordine in una tabella tutte le "chiavi" finora trovate. E la tabella è questa: 
5 rappresenta a 
†        »          d 
8        »          e
3        »          g 
4        »          h
6       »          i 
*        »          n
‡        »          o 
(        »           r 
;        »           t
?       »           u 

«Vi troviamo rappresentate non meno di undici delle lettere più importanti; mi sembra perciò superfluo, per quanto riguarda la soluzione, entrare in altri dettagli. Ho detto abbastanza per convincervi che crittogrammi di questa natura sono di agevole soluzione, e per darvi un'idea del carattere razionale del procedimento. Ma tenete presente che il crittogramma che abbiamo davanti appartiene alla specie più semplice. Non mi resta ora che darvi la traduzione completa del testo della pergamena, come l'ho decifrato. Eccolo: 


"A good glass in the bishop's hostel in the devil's seat twenty-one degrees and thirteen minutes northeast and by north main branch seventb limb east side shoot from the left eye of the death's head a beeline from the tree through the shot fifty feet out" 

"Un buon vetro nell'ostello del vescovo sulla sedia del diavolo ventuno gradi e tredici minuti nord-est quarta di nord tronco principale settimo ramo lato est calare dall'occhio sinistro della testa di morto una linea d'ape dall'albero attraverso la palla cinquanta piedi in là"».

Con un procedimento analogo all’analisi della frequenza delle lettere, Legrand ricostruisce anche la punteggiatura della frase, sull’assunto che i caratteri sono più accostati dove l’autore sta pensando a una pausa. La frase diventa: 

"Un buon vetro nell'ostello del vescovo sulla sedia del diavolo - quarantun gradi e tredici minuti - nord-est quarta di nord - tronco principale settimo ramo lato est - calare dall'occhio sinistro della testa di morto - una linea d'ape dall'albero attraverso la palla cinquanta piedi in là." 

Ora il problema non è più di crittografia, ma di interpretazione del linguaggio. Legrand comprende che “vetro” indica un cannocchiale, mentre gli altri termini oscuri sono nomi locali per indicare alcune caratteristiche topografiche, che gli consentono di individuare l’area tra i boschi dell’entroterra dove cercare, sulla base delle coordinate, un albero tra i cui rami è nascosto un teschio. Dalla verticale dell’occhio sinistro del teschio, individuata facendo cadere una palla da fucile, si deve tracciare una "linea d'ape", cioè una linea retta, dal punto più vicino del tronco attraverso la "palla", e di qui prolungata per cinquanta piedi. Quello è il luogo in cui scavare. 

Facciamo, come promesso, un passo indietro, a prima dell’illustrazione da parte di Legrand di come ha decifrato il codice segreto del pirata. La narrazione della localizzazione del sito dove scavare nel bosco è condotta da Poe con maestria. C’è persino un primo scavo inutile, dovuto a un errore del povero Jupiter, che, montato sull’albero e trovato il tronco con il teschio, confonde la destra con la sinistra e fa cadere lo scarabeo, usato come filo a piombo, dall’occhio sbagliato. L’impresa sembra fallire, ma un ripensamento di Legrand lo conduce a trovare l’errore del suo servitore. Un nuovo tentativo, questa volta condotto davvero dall’occhio sinistro, porta poi al successo del secondo scavo e al ritrovamento del tesoro. Poe drammatizza l’errore del servitore, che è costato un inutile scavo di oltre due ore ai tre cercatori. Ma siamo sicuri che sia stato così grave? 

Non ne è affatto convinto Eric Talvila, del Dipartimento di Matematica e Statistica della canadese University of the Fraser Valley, Abbotsford, il quale sostiene, in un articolo che comparirà su Mathematical Gazette, che semplici considerazioni trigonometriche dimostrano che i due luoghi di scavo potevano tranquillamente sovrapporsi.

Nel luogo indicato dalla mappa, Legrand ha individuato con il cannocchiale il grande albero, un liriodendro (albero dei tulipani), sul quale c’è un teschio. Legrand ordina a Jupiter di salire. Arrampicandosi fino a 70 piedi, egli giunge al settimo ramo sul lato est dell’albero, dove i pirati avevano fissato un teschio umano. Jupiter fa cadere lo scarabeo d’oro attraverso l’orbita dell’occhio destro. Allora i tre scavano in un punto situato a 50 piedi di distanza dall’albero nella direzione indicata dall’allineamento albero-scarabeo. Lo scavo ha un diametro di 4 piedi ed è profondo 5. Ma non trovano alcun tesoro. Legrand si accorge dell’errore del servitore e fa ripetere l’operazione facendo cadere lo scarabeo dall’occhio sinistro, che giunge a terra a 2 pollici e mezzo di distanza dalla precedente posizione. La nuova direzione porta a individuare un nuovo luogo di scavo. 

Nonostante Poe affermi che i due luoghi di scavo erano distanti diverse iarde, Talvila sostiene che con un po’ di trigonometria si giunge invece alla conclusione che i due scavi fossero parzialmente sovrapposti. Facciamo riferimento alla figura.


I punti indicati nella figura sono O (centro dell’albero), a (punto di caduta attraverso l’occhio sinistro), b (punto di caduta attraverso l’occhio destro), A (primo luogo di scavo), B (secondo luogo di scavo). Le distanze sono r (raggio del tronco dell’albero), L (distanza di ciascun occhio del teschio dal tronco), rA (raggio del primo scavo), rB (raggio del secondo scavo). Tutte le distanze sono indicate in piedi, come nel racconto (un piede equivale a 30,48 cm, si indica con ft oppure con , ed è suddiviso in 12 pollici, in oppure ′′, e corrisponde a 1/3 di iarda, yd). L’angolo AOB è 2θ

Legrand afferma che i punti a e b sono distanti 2.5′′, cioè 5/24′. Le distanze aA e bB misurano 50′. Notiamo che sen θ = 5/[48(r + L)]. La distanza tra i centri degli scavi è: 

AB = 2(r + L + 50) sen θ = 5(r + L + 50) / 24(r + L

La condizione che I due scavi non si sovrappongano è che AB >  rA + rB. Perciò:

r + L < 250 / 24(rA + rB) − 5 

Sappiamo dal racconto che rA = 2′. Il narratore afferma che rB è poco di più. Anche ponendo che r= 2′, per non avere sovrapposizione degli scavi bisognerebbe ottenere r + L < 250/91'' = 2′ 9′′. Ciò è chiaramente impossibile. Poe ha scritto un bellissimo racconto, ha usato le sue conoscenze crittografiche, ma, per il matematico canadese, non ha fatto i compiti di trigonometria, perché i due scavi sono talmente vicini da sovrapporsi.

Erik Talvila (2012). Trigonometry of The Gold-Bug to be published in Mathematical Gazette arXiv: 1206.1761v1

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