martedì 16 ottobre 2012

Due storie di dissolutezza matematica


Che i matematici siano sempre alla ricerca di stimoli per creare i loro strani oggetti è cosa nota. L’irrompere sulla scena delle geometrie n-dimensionali e di quelle non euclidee mise a dura prova la capacità immaginativa di molti di essi, impegnati nel tentativo di tradurre le loro intuizioni numeriche e geometriche in oggetti reali, o almeno possibili. Non sorprende pertanto che alcuni padri della topologia abbiano cercato aiuto nelle sostanze in grado di “aprire le porte della percezione”, con il rischio concreto di rimanerne schiavi. Se la maggior parte di essi cadde nell'oblio provocato dalla loro dissolutezza, almeno due di loro riuscirono a diventare famosi, associando il loro nome a concetti e oggetti assai conosciuti. 

A tutti è noto ad esempio l’alcolismo di Felix Klein, del quale si racconta che spesso si presentava alle lezioni o alle conferenze reggendosi a stento in piedi. Ispirato da una bottiglia appena scolata durante uno dei frequenti deliri provocati dall'abuso di liquore di assenzio, immaginò di piegarne il collo in modo che rientrasse nella superficie laterale: Klein aveva inventato una superficie non orientabile, per la quale non c’è distinzione tra interno ed esterno. Forse per scherno (il suo vizio era notorio), il suo oggetto fu chiamato “bottiglia di Klein”, con un maligno gioco tra le parole tedesche per superficie (Fläche) e per bottiglia (Flasche). Il poveretto, ormai diventato lo zimbello del gruppo di matematici dell’Università di Gottinga (il noto gruppo di Lie), si sottopose anche a un programma di disintossicazione in una clinica di Erlagen, nei pressi di Norimberga, di cui diede conto in un fascicolo che scrisse in quei mesi (Il programma di Erlagen). Sfortunatamente, nonostante i buoni propositi, non riuscì a porre termine alla sua dipendenza, e passo il resto della sua misera vita dirigendo un giornalucolo dal nome pretenzioso di Mathematische Annalen e cercando una bevanda alcolica che fosse in grado di riempire il suo insolito recipiente. 

Ancor più grama fu la dipendenza di cui patì, tre generazioni prima, August Ferdinand Möbius, al quale fu fatale la frequentazione di un fumettista visionario di cui era parente (si veda l'immagine iniziale). Iniziato all'uso della cocaina, girava sempre con tutto l’armamentario per poterla assumere in ogni occasione. In una memoria presentata alla Académie des Sciences riguardo ad alcune proprietà dei poliedri, egli stesso raccontò le circostanze di una sua importante scoperta. Giocando con un rettangolo allungato di carta (per prudenza omise di dire che si trattava di una cartina Rizla Blu King Size), incollò i lati minori imprimendo nel contempo un mezzo giro di torsione. Aveva così inventato una curiosa superficie a un solo bordo e una sola faccia, che gli consentiva di sniffare una striscia di polvere bianca senza sollevare la cannuccia. Chiamò la sua creazione “la mia magica striscia”, ma in seguito si preferì indicare l’oggetto, la “striscia” di Möbius, con il meno equivoco termine di “nastro”. Devastato dalla droga, introdusse concetti oscuri come le coordinate omogenee e la trasformazione di Möbius in geometria proiettiva, o la funzione di Möbius e la formula di inversione di Möbius nella teoria dei numeri. Giunto ad un punto di non-ritorno, morì suicida a soli 78 anni, tagliandosi le vene con un rasoio di Occam, scegliendo così la spiegazione meno complicata ai problemi della sua esistenza.

7 commenti:

  1. Il criminale in questa bieca storia è Guglielmo di Ockam, doctor invincibilis, che lasciava (e a volte lascia ancora, ma raramente) i sui rasoi dappertutto. Entia non sunt moltiplicanda, e invece i matematici ne creano sempre di nuovi. E' giusto che poi finiscano male.

    RispondiElimina
  2. Dove ne trovo uno abbandonato, che devo rasarmi i peli , ormai un po' troppo lunghi?

    RispondiElimina
  3. Ciò che è ancora più tragicamente intrigante della vicenda di Klein è che la molecola del tuione - il principio attivo e allucinante contenuto nell'assenzio - si presenta in natura negli isomeri levogiro e destrogiro, dei quali solo il primo agisce sui recettori del sistema nervoso.
    Essi sono contenuti in pressoché uguali proporzioni nella micidiale bevanda ma il passaggio nella bottiglia, li trasforma entrambi in un isomero centrogiro, dagli effetti ancor più terribili e devastanti per la psiche.

    RispondiElimina
  4. E cosa dire di Riemann, che invece, seduto sui molteplici rami di una funzione polidroma, soleva sniffare polvere sparpagliata sui suoi altrettanto molteplici fogli?

    Si narra (ma manca testimonianza diretta) che, nell'intimità, la sua compagana solesse chiamarlo "Miele".

    Dal nome della famosa Casa tedesca di elettrodomestici, che produce, fra l'altro, ottimi aspirapolvere.

    C.Nonimo

    RispondiElimina
  5. Ho sentito che serve un follower, ah.

    Te ne posso procurare tre, per soli 5 euri.

    Baciamo le mani.

    RispondiElimina
  6. Poiché è chiaro che sia chi tiene il blog che coloro che quivi commentano ne hanno fatto - e ne fanno - buon uso, mi pare d'obbligo ricordare ab ovo o insegnar a novo non solo la giusta scrittura e pronunzia di RIZLA, bensì di giustificarne i motivi, dimodoché quando si recheranno dal tabaccaio di fiducia potranno altresì stupirlo con un inaspettato quanto elegante sfoggio di cultura e nonchalance transalpina.
    Orbene, appena varcata la soglia dello spaccio, si pronunzi con voce calma e chiara la nostra richiesta: "Buondì tabacchino! orsù, un pacchetto di rìlacruà!"
    Infatti i Fratelli Lacroix fondarono la premiata fabbrica di cartine (da carta da tessuti) per sigarette, e più tardi scoprirono la finezza del riso (la Graminacea) quale sostituto nella loro fabbricazione.
    Da cui Riz Lacroix ovvero RIZLA +.
    Ciao
    yop

    RispondiElimina
  7. Ciao Yop, se sempre un grande! [A volte ritornano]

    RispondiElimina